Su Twitter utilizzare un hashtag politico sottolinea un senso di appartenza, un voler dichiarare al resto degli utenti da che parte si sta. In alcuni casi può diventare un fenomeno che coinvolge molte migliaia di utenti, come ad esempio #iohovotato dei referendum 2012, uno dei primissimi hashtag italiani a finire tra i Trend Topic mondiali.
Ma gli hashtag che cambiano qualcosa nella percezione delle persone (per quanto un hashtag possa cambiare la percezione delle persone) non sono quelli pensati e ragionati dagli uffici stampa ma quelli che nascono spontaneamente, per almeno due motivi.
1) Se un hashtag ha successo virale vuol dire che già c’è un sentimento diffuso in quella direzione e che partecipare al gioco della riproposizione ne è solo una conferma. Si pensi a #morrattiquotes durante la campagna elettorale di Pisapia che seppe convogliare le ironie delle migliaia di persone che vedevano nella Moratti una caricatura inadatta a guidare la città. Il successo di #morattiquotes, ripreso da giornali e televisioni fu un elemento importante nel cambiamento della percezione della candidata da parte di altri elettori che non si erano posti il problema in quei termini.
2) Al rapporto tra l’hashtag che nasce da solo e quello prodotto da un ufficio stampa possiamo applicare il ragionamento che fa sulle immagini Lucio Colavero qui . L’utente di Twitter si fida molto di più di qualcosa che non viene direttamente dai canali ufficiali ma che si muove sulle sue gambe. L’hashtag che esce dai canali ufficiali viene percepito come istituzionale, anche questo viene utilizzato per marcare appartenenza ma molto raramente cambia qualcosa nella percezione degli utenti-elettori.
È per questo che l’unico Hashtag significativo delle Primarie 2013 è quello di oggi #attaccaRenzi
@lucafaenzi su Twitter