Quando un uomo smette di provare curiosità può dirsi bello e sepolto prima ancora che il suo metabolismo vada a quel paese: bisogna ripartire dalla scuola.
Alla fine di un viaggio lungo c’è chi lo capisce subito chi un po’ più tardi, si torna a casa cambiati. ci sono sensazioni che è meglio fermare subito, quando sono ancora calde; altre invece necessitano di settimane o mesi, poi si manifestano chiare una sera di ottobre al tavolo delle birre.
Ecco un esempio: una delle cose profondamente diverse dopo un anno passato in Turchia è la visione dei paesi in medio-oriente; gli stessi di cui prima avevo una scettica opinione, stretti fra luoghi comuni e immagini da televisione, hanno cambiato sapore proprio come quando dopo aver assaggiato tutte le creme spalmabili finalmente provi la Nutella.
La curiosità mi ha spinto a domandare, osservare, leggere a riguardo; l’unica conclusione certa a cui sono arrivato è che molto, troppo di quello che si scrive non è corretto: basta riportare parzialmente ciò che è successo, modificare con la parola i fatti, omettere informazioni importanti, per cambiare il corso della storia; lo hanno fatto e continuano a farlo.
Senza entrare nel merito della Storia contemporanea, voglio solo concentrare l’attenzione su quanto sia stato possibile creare un ambiente disinformato grazie alla carenza di uno dei valori più importanti del nostro tempo: la curiosità. E’ la curiosità che ci spinge a scoprire cose che non sapevamo neanche esistessero, a domandarci il motivo di un fatto accaduto, a cercare di comprendere qualcosa di inusuale; se adesso state leggendo questo articolo è perchè il titolo in un certo senso vi ha fatto venire voglia di leggerne di più, in barba a quelli che hanno scrollato con fare snob la pagina verso il basso.
Il mio professore di Filosofia diceva che quando un anziano rifiuta di mangiare ha quasi finito la sua esperienza su questo pianeta; oggi gli risponderei che quando un uomo smette di provare curiosità può dirsi bello e sepolto prima ancora che il suo metabolismo vada a quel paese.
Ecco da dove ripartire in questo nostro Paese che non riesce più a identificarsi in qualcosa e sfoga le frustrazioni molto oltre la xenofobia, il gioco d’azzardo legalizzato, l’alcool. Alla base della propria identità c’è la conoscenza dell’altro; per essere sicuri di sè stessi bisogna conoscere i propri limiti. E’ vero, sembrano aforismi tratti da un libro di Sun Tzu (e magari li ha scritti anche lui), ma spero davvero che l’onestà intellettuale unisca tutti nel futuro più prossimo: bisogna ripartire dalla scuola.
Lì dove un ragazzo trascorre forse la parte migliore della sua vita, gli stimoli devono essere costruttivi e molteplici; illuminante a riguardo, la ragazza intervistata la scorsa puntata alla “@” di Ballarò: si era appena laureata con il massimo dei voti ma non riusciva a capire cosa centrasse il discorso della “rottamazione” con la politica, in una sola parola: alienata. E’ sempre più una istruzione piena di nozioni, settoriale, dove si continua a tradurre Cicerone ma non ci si ferma più a discutere su cosa volesse dire.
Bisogna guardare oltre il proprio recinto fino a quando è possibile, ma per farlo serve la guida di insegnanti motivati, sereni e capaci. Solo così creeremo quel brodo primordiale fatto di persone curiose, maestri motivati e temi costruttivi che possa permettere ancora una volta la rinascita della cultura, e provare a invertire la tendenza che sta rendendo anche noi italiani sempre più simili a quelli nei documentari di Godfrey Reggio.