Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineCollezione

di Fabrizio Valenza La parola collezione è capace di crearmi degli scompensi cardiocircolatori. Nata nel secolo in cui nacque il gusto per l'ordinamento delle cose e la loro classificazione a scopo...

di Fabrizio Valenza

La parola collezione è capace di crearmi degli scompensi cardiocircolatori. Nata nel secolo in cui nacque il gusto per l’ordinamento delle cose e la loro classificazione a scopo puramente estetico, ovvero nel XIV, il secolo del sorgente Umanesimo, questa parola evoca nella mia immaginazione un insieme di oggetti uniti da un vincolo quasi impossibile da spezzare.

Dal latino collectio e derivato di colligere, raccogliere, la parola è formata da con– e legere, legare assieme. Ma dal momento che la vocazione delle parole è perché se ne superi il limite interno, gioco con le radici, inventandomene di nuove.

Nella mia immaginazione il termine “collezione” deriva da colla, sostanza usata per attaccare, e azione, con l’inopinabile significato di utilizzare la propria energia (altra parola misteriosamente legata al participio passato di agire, atto, che in greco è il modo di chiamare l’energia pienamente realizzata) per unire in modo indivisibile, tramite una colla qualitativa delle migliori, intrinseca all’oggetto stesso.

Si sa, infatti, che la collezione è il supremo gioco dell’intelletto, disposto a rintracciare le memorie di azioni passate di un’umanità spesso non più esistente, capace di far parlare ancora di sé attraverso le vestigia lasciate nel mondo. La collezione si unisce, si forma, non solo per volontà del collezionista, ma per l’evidente o nascosto legame che gli oggetti collezionati contengono in sé.

Giampiero Mughini, il noto scrittore e opinionista, è un collezionista di grande spessore. Lascio ad alcune frasi del suo libro La collezione (pubblicato nel 2009 da Einaudi) l’onere di trasmettere a fondo l’onorevole follia cui vanno soggetti coloro che tentano di ricomporre, possedendole, simili tracce lasciate dai nostri antenati, e che li porta a creare un unicum che esprima appieno l’animo del collezionista stesso.

Quella mattina di fine novembre del 2007 mi stavo dirigendo verso la libreria antiquaria Pontremoli di via Vigevano, a duecento metri di distanza dalla stazione della metropolitana di Porta Genova. Dove mi aspettava un libro che porta la firma di Filippo Tommaso Marinetti, o meglio il libro che come nessun altro riassume la passione e la malia da cui scaturiscono le pagine che vi apprestate a leggere. Stavo per comprare il libro-oggetto per eccellenza del Novecento italiano e di chi ne colleziona le rarità cartacee. Non il libro letterariamente o culturalmente più bello o importante, questo no di certo, ma il più speciale, il più raro da trovare e da assaporare, uno dei libri d’artista più originali dell’intera cultura europea del secolo scorso. Parole in libertà fattive tattili-termiche. Un libro fatto di latta, quindici fogli di latta su cui da una parte e dall’altra erano state litografate poesie e immagini, un miracolo artigiano realizzato da un’azienda specializzata nella produzione di scatole per dolciumi e alimenti vari.

La collezione, mi pare di capire da quel poco che anch’io pratico nella mia esistenza, è in grado di conferire alla vita quel sapore talvolta indispensabile, affinché una vita possa dirsi gratuitamente vissuta.

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