Mekong WaveIn Asia – Nuovi Re senza corona

Ci risiamo. Ripartenze, visti, linee di viaggio, percorsi, lingue, valute, lacrime e sorrisi. Qualcosa cambia e altro resta immutato e in attesa. Un’attesa fatta di programmi, aspettative e parole ...

Ci risiamo. Ripartenze, visti, linee di viaggio, percorsi, lingue, valute, lacrime e sorrisi. Qualcosa cambia e altro resta immutato e in attesa. Un’attesa fatta di programmi, aspettative e parole che possono saltare in qualunque momento.

A volte si ha l’impressione che la Storia e gli eventi abbiano una fine e un inizio con la scomparsa o l’arrivo di nuove facce camaleontiche capaci di cambiare divise e colori. Reali di un tempo lasciano la vita terrena dopo aver vissuto per mezzo secolo da autori e protagonisti. E la Storia e’ li’, pronta a giudicarti il giorno dopo la dipartita e ad analizzare con calma quando le acque si saranno ritirate e le ceneri unite ai suoi elementi primari. L’ex Re cambogiano Norodom Sihanouk ha lasciato questo mondo dopo una vita che non basterebbero novant’anni per raccontarla. A pochi giorni dal suo compleanno, sul letto di un ospedale cinese, il Padre dell’indipendenza cambogiana si e’ imbarcato per il suo ultimo viaggio. Uomo e politico controverso, messo li’ sul trono dai francesi perche’ giovane e per questo potenzialmente gestibile, Sihanouk ha dimostrato di sapersi adattare e rinascere in piu’ di un’occasione. Nel 2004 aveva gia’ abdicato in favore del figlio. Quel Norodom Sihamoni che forse tutto avrebbe voluto fare nella sua vita terrena, fuorche’ il Re di una monarchia costituzionale in mano ad un primo ministro–Hun Sen–che governa ininterrottamente dal 1997. Un capo di governo dall’infanzia mutilata e trascorsa tra le fila dei Khmer rossi e dalla giovinezza rubata dai quadri vietnamiti. Ora e’ li’, sullo scranno di un governo eletto dal suo popolo che ha deciso di lasciare il proprio destino nelle sue mani. Un destino che non e’ piu’ governato dall’influenza degli astri e degli indovini, ma da quella di mercati, speculatori e maghi del guadagno ad ogni costo. Protagonisti di quel sistema in crisi che si appresta a sbarcare anche nella piccola Repubblica Democratica del Laos, in nome del libero mercato e dell’Organizzazione mondiale del commercio. Un passo gia’ compiuto dai vicini vietnamiti nel 2007, in nome di una crescita e di uno ‘sviluppo’ senza limiti, regole e confini. Oggi, la Repubblica Socialista del Vietnam vive la sua prima crisi dopo anni in cui il suo Prodotto Interno Lordo ha superato ogni aspettativa di crescita. Percentuali e numeri che ci vogliono raccontare un Paese, ma che non ci sanno descrivere le ripercussioni che una variazione di un punto maggiore o minore di Pil, possa avere sulla vita reale dei vietnamiti. Le nostre analisi da scrivania dall’altra parte del mondo ci raccontano di vite paragonate a flussi e diagrammi disattesi, con linee in caduta libera a causa di una crisi che ancora non siamo riusciti a decifrare.

Tra una proiezione e l’altra, i mie occhi sono qui, che guardano dalla finestra la vita di Linh, che ogni mattina alla sei e’ gia’ in piedi a spazzare il cortile, a preparare un pasto per i suoi figli, a stendere il bucato sulla recinzione di casa. Anche Thuy e’ gia’ in piedi dall’alba. Invece di andare a scuola trascorrera’ le ore successive sul ciglio della strada a preparare polpettine di carne e brodo per tutti. Il piccolo ristorante di famiglia non conosce tregua e svaghi. Non li conosceva quando il Pil superava l’otto per cento, con picchi di inflazione pari al venti. E non li conosce ora, quando le aspettative parlano di una chiusura dell’anno fiscale al cinque per cento e la speranza di contenere l’aumento dei prezzi sotto le doppia cifra. Ieri come oggi, immersa in un frastuono e un traffico che ucciderebbe anche il più ammirato dei monaci zen, pronta a dispensare sorrisi e urlare ‘Bun cha’ a noi passanti distratti. Mentre Thuy lavora, bruciando davanti alla griglia legna, carbone e i migliori anni della sua giovane vita, il vecchio La Thoe cerca sempre più disperatamente, tra le strade impantanate di Rangoon, turisti bisognosi di una guida o che debbano cambiare dollari ed euro. Ma la nuova stagione birmana ha inaugurato banchi di cambio all’interno di alberghi e mediatori turistici con i quali non si può competere. La tanto attesa legge sugli investimenti esteri e’ pronta, mentre al confine con il Bangladesh si muore davanti agli occhi inespressivi e le braccia conserte dei militari bamar. Tra le immagini di case in fiamme della comunita’ Rohingya, quella piu’ nitida e spaventosa arriva dai satelliti: un’enorme macchia bianca di cenere. Vite e speranze bruciate tra il silenzio che riecheggia anche nelle sale delle sedi di National League for Democracy, il partito per anni vittima e bersaglio degli ex generali e oggi guidato da una Suu Kyi libera di muoversi nello sfavillante palazzo parlamentare di Naypyidaw, la ‘sede dei Re’.

I nuovi Re di questa parte di mondo, “regione in crescita e di opportunita’”, a differenza di Sihanouk, non indossano piu’ la corona. Hanno abiti civili in stile europeo e firmano contratti per garantirsi un futuro da faraoni nel nome di un popolo o di un partito.