Cina, Russia e Canada: sono questi i luoghi dove si nascondono i siti più attivi nella distribuzione illegale di contenuti coperti da copyright. A dirlo è l’ultima incarnazione della lista stilata dall’ufficio della rappresentanza commerciale statiunitense (US Trade Representative), che ogni anno fornisce un quadro di chi sono e dove si nascondono i peggiori pirati della Rete.
A rappresentare la tigre asiatica compaiono nomi come Xunlei (sito dove, stando al rapporto, c’è solo l’imbarazzo della scelta riguardo alla modalità con cui scaricare file, se tramite P2P, link a sorgenti esterne oppure ospitati sul sito stesso) e Gougou. Hanno invece i loro server in territorio russo il tracker di torrent Rutracker (quindicesimo sito più visitato del Paese), Warez-bb, un forum dove internauti belgi, croati, serbi e pakistani si scambiano link ad una velocità tale che nemmeno l’intervento delle autorità è riuscito a fermare il flusso, Rapidgator.net, cyberlocker che aspira a riempire il vuoto lasciato dalla chiusura di Megaupload, e persino un social network, vKontakte. Infine c’è il Canada, che apparentemente dà rifugio – se escludiamo gli irriducibili svedesi di ThePirateBay – ai principali siti di indicizzazione torrent: IsoHunt, tra i 300 siti più visitati del mondo, Kat.ph (il vecchio Kickasstorrents nella sua nuova veste) e torrentz.eu, in rapida ascesa anche in Italia dopo la chiusura da parte delle autorità di btjunkie.
Il rapporto non si esaurisce però con la pirateria online e dedica un’intera sezione a quei luoghi in carne e ossa dove maggiormente circolano beni contraffatti. Quasi una Lonely Planet per gli amanti dei prodotti tarocchi, la relazione ci regala un elenco di affascinanti località turistiche: mercatini delle pulci colombiani e tailandesi, intere città come Ciudad del Este in Paraguay, centri di distribuzione e smistamento come Pepito, in Messico, etc. In Cina c’è addirittura una catena di centri commerciali, Buynow PC, che vende computer con software pirata preinstallato.
Non sorprende, dunque, che proprio ieri Microsoft abbia lanciato una robusta offensiva contro la pirateria in questo Paese. Oltre a minacciare azioni legali contro 16 rivenditori e a chiedere ai produttori di hardware di segnalare i distributori che fanno i furbi, questa volta ha deciso però di giocare anche la carta della prevenzione (o del terrorismo psicologico, scegliete voi). Le analisi su 169 computer di marca acquistati in Cina con software piratato hanno infatti rivelato che ben il 91% di questi contenevano malware e altri tipi di vulnerabilità.