Premetto che conosco poco o nulla Mussari, ma in un paio di occasioni ho lavorato per breve tempo per Antonio Vigni, ex direttore generale del Monte e implicato insieme a lui nelle questioni emerse in questi giorni, pur se finora meno bersagliato dai media.
Posso dire che Vigni mi è sempre sembrato una persona molto “normale”, senza pose da megadirettore galattico, certo non un gambler come Fiorani della Popolare di Lodi o un furbone come Faenza di Italease e lontanissimo pure dalle ambizioni di carriera dei rampanti McKinsey boys che pochi anni fa erano a capo delle due principali banche italiane. Diciamo l’ ultima persona da cui ti aspetti non solo un comportamento fuori dalle regole, ma anche una mossa azzardata.
Ancora una settimana fa avrei messo la mia mano sul fuoco e giurato ai quattro venti che quello che poi è emerso era assolutamente impensabile. Se veramente si tratta di operazioni celate al consiglio d’ amministrazione, al collegio sindacale, ai revisori e alla Banca d’ Italia “cado dal pero” come credo tutti quelli che lo conoscono più di me. Pertanto è autorizzato a cadere dal pero anche Pier Luigi Bersani.
Tuttavia è veramente riprovevole che il capo del PD, in piena campagna elettorale dove è in testa nei sondaggi, dica agli elettori che il partito è partito e la banca è banca, come se non ci fosse alcuna relazione fra il Partito Democratico e il Monte dei Paschi di Siena. Giusto per fare un esempio Alessandro Profumo che, forse, è l’ unica persona che può ancora traghettare il Monte dei Paschi fuori da queste acque tempestose, non ne sarebbe certo Presidente se non godesse della fiducia di qualche pezzo da novanta del PD.
Premesso anche che non voglio dimenticare la lezione di Manzoni, “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”, già su Wikipedia si legge la dichiarazione fatta da Mussari al momento delle dimissioni dalla Presidenza del Montepaschi: «Questo non è il mio lavoro, e non voglio confonderlo con la professione: tornerò a fare l’avvocato, che poi è quello che so fare»
Lo stesso Mussari si definisce dunque un non banchiere e c’ è da chiedersi perché l’ ABI abbia voluto tenerlo come proprio Presidente anche se non aveva più cariche in banca, visto che nel migliore dei casi era un generale duramente sconfitto. Ma dobbiamo chiederci innanzitutto come Mussari sia arrivato prima alla Presidenza della Fondazione MPS e poi a quella della banca, non essendo un banchiere.
La risposta è semplice, ce l’ aveva mandato il PD. E questo è niente, perché precedentemente il Monte Paschi aveva fatto un terribile affare comprando la Banca del Salento e vendendo i prodotti ultrarischiosi di quella banca anche alla propria clientela. Nemmeno l’ avvocato Ghedini avrebbe il coraggio di sottovalutare il collegamento fra quell’ affare sballato e il dominus politico del Salento, tale Massimo D’ Alema, all’ epoca Presidente del Consiglio.
Idem non possiamo dimenticare il celebre “Allora, abbiamo una banca?” di Fassino, sia pur riferito alla Banca Nazionale del Lavoro, che poteva essere acquistata dal braccio assicurativo del partito, Unipol. E nemmeno possiamo ignorare la galassia delle cooperative, importantissime in Unipol, ma a lungo in stretti rapporti con il Monte dei Paschi.
Il Partito Democratico è in simbiosi con una discreta fetta dell’ economia italiana, da cui trae sicuramente cospicue donazioni annue che gli permettono di essere l’ unico vero partito tradizionale rimasto, con le sezioni e gli iscritti e in generale quell’ organizzazione che è il suo punto di forza in queste elezioni dove gli altri concorrenti sono spesso liste raffazzonate e basate su un uomo solo, che si chiami Ingroia, Grillo, Monti o Berlusconi.
Ciò non vuol dire che il Monte dei Paschi dipenda dal segretario del PD, ma certamente è tirato da una serie di fili, prevalentemente locali, ma anche romani e più o meno tutti riconducibili al PD. Se Mussari, ora sulla linea del fuoco, è stato a lungo a capo del Monte dei Paschi, la responsabilità nel bene e nel male ricade sul Partito Democratico e non è onesto che Bersani lo neghi.
Il Monte, che ha vanamente operato in questi anni una discreta ristrutturazione, che ha eliminato un’ infinita serie di privilegi e inefficienze che molto spesso erano palesemente clientelari, si è praticamente suicidato con l’ acquisto della banca sbagliata al prezzo sbagliato e nel momento sbagliato, soprattutto nel modo sbagliato e cioè in contanti, cosa rara. Facciamo il solito paragone con l’ attuale Presidente: con Profumo UniCredit comprò sì Capitalia ad un prezzo che ora appare veramente esagerato, ma come accade nel calciomercato, in cui si acquista un attaccante a prezzo record, ma lo si paga con un terzino e due centrocampisti ugualmente sopravvalutati, pagò con azioni UniCredit allora ai massimi storici e quindi con un danno relativo.
Nessuno capirà mai perché il Monte dei Paschi abbia invece comprato Antonveneta, una banca che aveva perso soldi a iosa già negli anni del Veneto del boom, quando già era esplosa la crisi dei mutui subprime, a un prezzo molto più alto di quello che il proprietario aveva pagato appena pochi mesi prima e per di più in contanti. Nessuno capirà mai perché anche la Banca d’ Italia di Draghi non abbia avuto nulla da obiettare, tuttavia possiamo anche ritenere che Mussari e Vigni siano stati sfortunati e non è sportivo sparare sugli allenatori che perdono.
Si capisce invece benissimo perché la Fondazione abbia rischiosamente messo tutte le sue uova in un solo paniere, sottoscrivendo l’ aumento di capitale del Monte indispensabile per recuperare quei capitali enormi che si investivano in Antonveneta: se non lo avesse fatto avrebbe perso il controllo della banca e insieme a lei e agli Enti locali senesi lo avrebbe perso anche il Partito Democratico. Ma nemmeno questo è un crimine di cui accusare il PD, perché purtroppo in italia così fan tutti, quello che conta è sempre e solo il controllo.
La conseguenza politicamente più pericolosa da trarre, quella che Bersani nega con una sfacciataggine degna del miglior Berlusconi, è che il Partito Democratico, sia a livello locale che a livello nazionale, ha gestito il Monte dei Paschi di Siena con quello stesso provincialismo e quello stesso attaccamento al controllo, anziché al rendimento, che ha portato alla fossa tante delle migliori aziende italiane, condannandole nei migliori dei casi al nanismo o ad una struttura finanziaria debolissima per non rischiare la perdita del controllo.
Può darsi che Mussari e Vigni abbiano fatto scelte sbagliate sotto pressione di qualcuno più in alto di loro oppure anche solo per non perdere la faccia nei confronti di qualcuno più in alto di loro. Può anche darsi che semplicemente abbiano perso la testa e fatto una toppa peggio del buco, ma non possiamo non constatare che il Partito Democratico ha gestito il Monte Paschi, che è sempre stato sotto il suo controllo, esattamente con i peggiori errori sia dell’ imprenditoria pubblica che di quella privata italiane.
Persone non professionalmente adeguate come Mussari messe in posti di responsabilità di cui non erano all’ altezza, selezioni fatte in base a criteri politici e non di competenza, bisogno di avere un impero economico che aiuti a perpetuare quello politico, in una sorta di specchio del berlusconismo, scarso rispetto delle regole. Questa è la vecchia Italia, quella che dobbiamo seppellire se non vogliamo morire nello spread e questo PD, è chiaro, ne fa parte.
Il Bersani che sfugge alle responsabilità indica che non è con con questo Partito Democratico che l’ Italia potrà migliorare negli anni della prossima legislatura, il caso Monte dei Paschi sta lì come un macigno a testimoniarlo. Ci vorrebbe invece un cambiamento vero non solo nella destra mummificata da Berlusconi, ma anche a sinistra, magari quello che qualcuno aveva chiamato rottamazione. Ora e non fra altri cinque anni.
E poi con che faccia ci si presenta alle elezioni come difensori del popolo contro la “crisi causata dalle banche”, quando si è responsabili proprio della banca che è stata gestita peggio e che unica in Italia deve essere salvata con i soldi dei contribuenti?