Un esponente ufficiale del Partito Popolare Europeo (Ppe), il francese Joseph Daul, presidente degli eurodeputati del Ppe, ha dichiarato che il candidato ufficiale del partito nelle elezioni italiane è Mario Monti. Se sono scontate le reazioni sdegnate del Pdl, che vorrebbe continuare ad aggrapparsi alla residua àncora di credibilità del Ppe, meno scontata è la reazione di Monti, che se ne sarebbe lamentato, essendo egli “impegnato a presentarsi agli elettori al di fuori dei tradizionali partiti” (Corriere della Sera odierno).
Tale reazione del premier uscente si accompagna alle sue dichiarazioni di tono apolitico, ma bordeggiante sull’antipolitico, come quelle secondo cui destra e sinistra sono categorie oggi senza senso, o la sua coalizione non è di Centro (come anche io la ho definita in altro articolo odierno sul Corriere).
Se si aggiunge la dichiarazione per cui la sua è una salita in politica, ci si rende conto che egli desidera, con queste dichiarazioni, recuperare quella collocazione super partes che era premessa (e conseguenza) del suo approdo alla presidenza del Consiglio dei ministri.
È un tentativo logico e comprensibile, ma destinato all’insuccesso. La sua entrata in campo non sarà “moralmente discutibile” (D’Alema), ma è certo incompatibile con la pretesa di essere super partes, quasi fosse portatore di una verità rivelata agli umani dalla discesa in Terra del Messia. Il suo lavoro ha salvato l’Italia, ma ora la mezzanotte è passata e la carrozza è tornata ad essere una zucca.
Dato anche l’esplicito appoggio delle gerarchie vaticane, che si sono spese per Monti senza risparmio, se ne deduce che va cambiato il nome della coalizione di cui è a capo: non già coalizione di Centro, ma di Sopra. E a lui e ai suoi compagni, che aspirano al governo degli ottimati, spetta il nome di Sopristi; anzi no, sono i Superiori!