Fisco e sviluppoGli untori a Siena*

Ci risiamo, con l’affaire Monte dei Paschi, ci risiamo. In Italia sembra che l’informazione – al pari di molta classe dirigente – non riesca a tenere un pensiero lungo, ad avere prospettiva storica...

Ci risiamo, con l’affaire Monte dei Paschi, ci risiamo. In Italia sembra che l’informazione – al pari di molta classe dirigente – non riesca a tenere un pensiero lungo, ad avere prospettiva storica e si accontenti sempre di parlare – con gusto di tanti e profitto di alcuni – della commedia umana che ogni potente e potere ha intorno. Si cercano sempre “complotti e manine” invece di guardare la realtà in faccia. La vicenda Mps è figlia di un sistema – quello finanziario – che ha avuto troppe protezioni (a partire dal costo “zero” del denaro negli ultimi lustri) e una regolamentazione troppo complessa e con troppi conflitti di interesse, anche con chi dovrebbe controllare, per essere efficace.

Non bisogna attendere processi e commissioni parlamentari, basta leggere i bilanci della fondazione, per capire che la vicenda Mps è un caso da manuale di mala gestio di tanti. Del vecchio management, della fondazione azionista, degli organi di controllo interni come della vigilanza. Una vicenda che merita la massima attenzione, ma non è una storia di tangenti da 2 miliardi (di euro) o da 17 miliardi (di euro ovviamente) di bonifici fuori controllo come sembrerebbe a leggere, ad esempio, dal Corriere.it di ieri, che cubitale e a tutta pagina scriveva: “Mps, i vertici nascosero i derivati ai soci. In undici mesi bonifici per 17 miliardi”.

Anche senza essere i legali di Mps si capisce dalla lettura dello stesso Corriere che questi bonifici sono i regolari pagamenti, con gli accolli di debito, concordati nel contratto per la cessione di Antonveneta e non hanno quindi nulla a che fare con la trasparenza verso i soci sui derivati. In questi giorni di sconforto per il circo mediatico su Mps bisognerebbe rileggersi “La grande degenerazione – come le istituzione decadono e le economie muoionodi Niall Ferguson. Ferguson, abituato alle prospettive lunghe dello storico e figlio di una cultura non ostile alla finanza – come quella maggioritaria invece tra molti intellettuali e giornalisti italiani – ragiona con rigore sulle cause della crisi, e ci offre qualche spunto utile per capire meglio il cortocircuito su Monte dei Paschi.

Una crisi che ha avuto nella crisi della finanza – privata e pubblica – il suo epicentro e la cartina di tornasole di un male più profondo. In occidente si continua a correre dietro ai sintomi, quindi intervenendo con soluzioni tampone, invece che operare sulle cause che sono la decadenza delle istituzioni che ci siamo dati. L’occidente sta decadendo, secondo Ferguson non per colpa del “mercato”, ma per colpa delle troppe e confuse regole che ci siamo dati come dimostra il paradosso delle banche in tutto il mondo, super vigilate e controllate, che “falliscono” molto più spesso che i fondi alternativi (hedge).

Il punto è ragionare, non certo solo in Italia, su quali regole (e sanzioni per chi sbaglia) vogliamo dare alla finanza e ai mercati perché tornino al servizio dello sviluppo di tutti e non solo di pochi. Siamo nel mezzo di una crisi epocale da cui dobbiamo uscire ripensando non solo quale sistema finanziario ma anche quale welfare, quale istruzione, quali istituzioni vogliamo ed in Italia si torna a parlare di persone (e peccati) invece che di idee. Ci si diletta con la caccia agli untori come nella Milano del ’600 anche perché per la cultura catto-comunista i soldi sono il male e chi li maneggia un ladro, quindi non si va tanto per il sottile, bastano processi sommari a mezzo stampa come venne fatto sulla vicenda “Isole del Caimano” di Renzi.

Speriamo che la vicenda Mps non diventi l’ennesima pagliacciata mediatico giudiziaria che si chiude con un nulla di fatto, ma dia la forza per ripensare, in modo ponderato e cauto, le regole del sistema finanziario. Quello bancario è un sistema instabile, fragile e di vitale importanza per il nostro futuro, non possiamo lasciarlo in mano a chi dà la caccia agli untori.

*pubblicato su Il Foglio, 30-01-2013, pag. 1 

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