Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineInquietudine, parola di Pessoa

di Micaela Morini Mi sono sempre piaciuti i diari, grandiosi zibaldoni fatti di riflessioni, di appunti, di impressioni, di meditazioni e anche di vaneggiamenti e di finzioni. Del resto tutta la le...

di Micaela Morini

Mi sono sempre piaciuti i diari, grandiosi zibaldoni fatti di riflessioni, di appunti, di impressioni, di meditazioni e anche di vaneggiamenti e di finzioni. Del resto tutta la letteratura autobiografica, da Cesare fino a Valéry e a Gide, può essere letta alla luce dell’ironica osservazione di Poe sull’impossibilità di conseguire la verità autobiografica senza che la carta si raggrinzisca e bruci al tocco dell’infiammata penna.

Il libro dell’inquietudine, pubblicato in Portogallo per la prima volta nel 1982, è la principale opera in prosa di Pessoa ed è stato definito dalla critica il più bel diario del ‘900. Bellissima è anche la prefazione scritta da Antonio Tabucchi, traduttore e conoscitore profondo di Pessoa:

Pessoa non è tanto un poeta quanto un drammaturgo che usa la poesia; non è tanto un drammaturgo quanto un poeta che usa il dramma; non è tanto un romanziere quanto un poeta e un drammaturgo che usa il romanzesco.

Pessoa inventa un personaggio, Bernardo Soares, un contabile di Lisbona, taciturno e solitario, che se ne sta dietro a una finestra a spiare la vita. Una vita esterna e reale, ma che si sviluppa estranea a lui, e una vita interiore e inventata, anche questa luogo ignoto al suo abitante. Soares va scrivendo minuziosamente, con la maniacale precisione di un contabile, il suo diario.
Questo libro ha una struttura molto particolare: il libro di Soares, l’uomo inquieto, è certamente un romanzo, o meglio è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato il suo personaggio, contabile e impiegato di concetto, proprio come lui, e gli ha delegato il compito di scrivere un diario, quello dello stesso Pessoa.

Con questo personaggio, estremamente affascinante e complesso, entra nel nostro immaginario anche la città di Lisbona, città-simbolo e città misteriosa perché il suo narratore le ha dato il compito di rispecchiare le ombre dell’esistenza. Quella di tutti noi.

Questo libro è un’autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente. E’ una grande opera narrativa, è un diario, è un romanzo, è una storia di doppi esistenziali: è il capolavoro di un grande autore del ‘900.

E’ l’inquietudine, lasciatevi trascinare: anche le pagine in cui si respirano queste emozioni agitate possono trasformarci.

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