È il 5 luglio del 1950 quando a Castelvetrano viene ritrovato il corpo senza di vita del bandito Giuliano, una delle figure più controverse della storia dell’Italia post-bellica. La sua morte è avvolta ancora oggi nel mistero e a rendere ancora più affascinante la vicenda sono le voci che si rincorrono sulla rete: dal Segreto di Stato che cadrebbe nel 2016, alla scomparsa dei fascicoli relativi al caso.
Libri, film, articoli di giornale e inchieste: sono tanti gli ingredienti che hanno trasformato Salvatore Giuliano nel bandito siciliano più noto nel mondo. A tracciare la vicenda nei minimi dettagli è la penna di Mario Puzo, l’autore de “Il Padrino”, che nel romanzo “Il Siciliano” ripercorre le tappe della vita di quello che viene definito nelle pagine dello stesso libro “il paladino della Sicilia, il suo scudo contro ricchi e nobili, mafiosi e governo di Roma”.
Giuliano si dà alla macchia nel 1943 quando, fermato ad un posto di blocco gli vengono sequestrati cavallo e 80 chilogrammi di frumento, il giovane, appena 21enne, cerca di fuggire ai militari che gli sparano sei colpi di moschetto. Caduto a terra Salvatore Giuliano reagisce e uccide il carabiniere. Da quel giorno si rifugia sui monti di Montelepre e insieme al cugino Gaspare “Aspanu” Pisciotta formerà una delle bande più potenti del periodo.
Per l’Italia si tratta di anni delicati e decisivi perché è in questo periodo che si costruiranno le fondamenta del Paese che verrà. Giuliano, che è un bandito e non un mafioso, e la sua banda negli anni conquistano i siciliani.
Il 20 aprile del 1947 si svolgono le elezioni per costituire la nuova Assemblea Regionale Siciliana: il Blocco del Popolo, la coalizione PSI – PCI conquista 29 rappresentanti su 90. Lo spostamento a sinistra in Sicilia rappresenta un pericolo troppo grosso che secondo alcune ricostruzioni proprio Giuliano e la sua banda avrebbero dovuto sventare.
L’occasione per farlo è il 1 maggio del 1947 quando duemila lavoratori si riuniscono a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo ed a favore dell’occupazione delle terre incolte, oltre che per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo. Qualcuno però sparerà sulla folla causando 11 morti e 27 feriti.
Nella ricostruzione fatta da Mario Puzo ne “Il Siciliano” la teoria è quella del complotto: Salvatore Giuliano, incaricato dalla Mafia di inaugurare la “Stagione della Tensione” contro i siciliani comunisti, sparò con la sua banda, ma non sulla gente. I colpi che uccisero arrivarono da altri punti. Una teoria che negli anni si consolida e viene riproposta nel 2002 anche in un’inchiesta dedicata di Carlo Lucarelli in “Blu Notte”.
Giuliano verrà ucciso il 5 luglio del 1950, ma sulla ricostruzione della sua esecuzione le versioni sono tante e discordanti. Quella ufficiale lo vorrebbe vittima di un’imprudenza e caduto durante uno scontro a fuoco con i carabinieri. La versione ufficiale verrà ritrattata anche dalle stesse forze dell’ordine. Secondo molti il bandito sarebbe stato tradito dal cugino Gaspare Pisciotta che in seguito fu avvelenato dentro il carcere dell’Ucciardone. Il cadavere di Giuliano è stato riesumato il 28 ottobre del 2010 e i documenti da lui prodotti durante la latitanza sono svaniti nel nulla, proprio come i quattordici quaderni scritti dal Pisciotta durante la prigionia.
Testi che, secondo alcuni, avrebbero messo in luce il rapporto che all’epoca vi fu tra Mafia, Stato e Banditi.
Nel 2016, quando cadrà il segreto di Stato, forse sapremo se la morte e la vita di Giuliano furono una delle tante storie in cui si può leggere neanche troppo tra le righe del rapporto tra lo Stato e la Mafia.