Perché la Curia romana punta su Monti, che ieri, insieme al vice-segretario generale di Palazzo Chigi, Federico Toniato, ha presenziato in San Pietro alla cerimonia per l’ordinazione vescovile del segretario del Papa, Georg Gaenswein? La logica ci dice che lo fa per impedire alla sinistra la possibilità di una vittoria chiara, che cominciava a delinearsi come possibile. D’altronde la stessa Curia che oggi appoggia la gradevole sobrietà di Monti appoggiava serafica Berlusconi e la sua esagitata e corrotta compagnia di giro: lo ha ben rilevato Michele Serra in un’Amaca di Repubblica. Non è che tutto sia cambiato perché nel frattempo Lutero o Calvino hanno conquistato il Soglio di Pietro.
In Vaticano si sa che questi “centri scentrati” non potranno mai vincere: gli preme invece un esito confuso, che impedisca un governo sufficientemente solido. Alla sinistra, sempre probabile vincitrice ma in tale mutato scenario in forma forse meno netta, spera di imporre così un mercanteggiamento con questo nuovo partito (pardon, movimento) cattolico (pardon, para-cattolico), di cui non si sentiva il bisogno. E lì Casini rifulgerà con le sue doti di statista lungimirante e disinteressato.
Eccoci al tema degli alleati, a volte imbarazzanti, che Monti dovrà accettare. Rischia di fare un errore blu, aggiungendo solo qualche punto percentuale al seguito elettorale di Casini, Fini, Montezemoli e cattolici misti, più o meno credibili e presentabili. Per di più otterrebbe tale non esaltante risultato prestandosi ad un pesante ritorno delle tonache svolazzanti della Curia romana nella nostra politica.
Non è una novità, succede da secoli, dai tempi che accesero le riflessioni del segretario della Repubblica fiorentina. Sarà bene ricordarlo: da allora nulla è cambiato, il Vaticano è, come cinque secoli fa, uno stato estero, teocratico e assolutista, gerontocratico e maschilista, una corte rinascimentale con i Vatileaks e i conti cifrati ma senza Michelangelo o Raffaello, remota dalla vita delle persone e da quella di tanti preti. Questi fanno, in silenzio, un lavoro tanto duro quanto utile, che la Curia vede come un pericoloso fastidio, salvo ricorrervi in modo fuorviante negli spot sull’8 per mille.
È la reazione tipica di chi si trova davanti l’esempio lampante di quel che predica e dovrebbe fare, ma non fa. Un monito che volentieri ci si scrolla di dosso. Nel nome, è ovvio, dei valori non negoziabili. Cosa deve fare chi invece ritiene non negoziabile il vivere in uno Stato laico, rispettoso delle credenze di tutti, ma servo di nessuna? A Mario Monti abbiamo diritto di chiedere un comportamento che si rifaccia a quello di De Gasperi davanti alle intromissioni del Vaticano di Papa Pacelli.