di Valerio d’Angelo, 29 anni
Ad Citel Brasile (San Paolo – Rio de Janeiro)
Il tessuto industriale Italiano è composto da più del 90% da PMI che rappresentano numerossisimi casi di eccellenza ed di innovazione. I mercati però caratterizzati da un’evoluzione rapida globale hanno allargato i confini e, per affrontare con successo questo cambiamento, le PMI devono attrezzarsi in un nuovo modo.
Maggiori esportazioni, pertanto, saranno un percorso obbligato. Una vocazione ai mercati esteri simile a quella delle imprese tedesche garantirebbe di recuperare parte del tempo perduto in questi ultimi anni di profonda crisi e tornare a competere in maniera dignitosa a livello internazionale.
L’internazionalizzazione è tuttavia un obiettivo complesso soprattutto per le imprese più piccole e meno strutturate. In assenza di una vera e convinta politica a supporto delle PMI, rischiamo di restare ancora più indietro rispetto ad altri paesi europei come la Germania e non approfittare della grande domanda generata dai paesi emergenti, come Cina, Turchia, Brasile etc.
Le nostre PMI non sono sufficientemente equipaggiate davanti alle trasformazioni nel quadro di produzione e consumi globali.
Come possibile strada da percorrere, l’approccio di rete d’impresa può essere la chiave strategica, per un modello come quello italiano, fatto storicamente di imprenditoria diffusa e non in filiera, oggi obbligato a reinventarsi verso mercati e processi sempre più lunghi, competitivi e globali.
L’aggregarsi in alleanze produttive dovrebbe diventare parte della nostra cultura per combattere l’individualismo e nanismo imprenditoriale.
Per le filiere, ad esempio, dell’Agroalimentare; Automotive; Arredo , Chimica; Elettronica, Tecnologia ; Componentistica meccanica; Moda; Nautica; Tecnologia, una rete di impresa migliorerebbe gli approvvigionamenti, renderebbe il ciclo produttivo più completo (oggi molto frammentato) e potrebbe avere molta più forza distributiva. In ultimo, ma non per importanza, avere una maggiore capacità finanziaria e/o creditizia.
Detto ciò, non possiamo aspettarci però che le imprese possano giocare questa partita da soli; il Governo attraverso serie iniziative, riforme , e leggi speciali deve creare i presupposti affinchè questo avvenga con una pianificazione esatta ed un controllo della stessa. Si potrebbe, innanzitutto, defiscalizzare le imprese o reti d’impresa che esportano almeno per i primi 3 anni e ripartire con la pressione fiscale solo gradualmente negli anni a venire, come oggi fa in maniera molto simile il Governo brasiliano. Inoltre si potrebbe offrire, dopo un’attenta selezione basata sul merito, manager di alto profilo ed esperienza internazionale, che possano guidare le imprese o reti d’impresa all’internazionalizzazione .
Questo è fondamentale per dare un vero incentivo all’internazionalizzazione che vede costrette le imprese, oltre ad affrontare temi e cicli complessi, a sopperire a bitributazione tra stati o dazi dogali molto alti che rendono ancora più difficile la missione.
Infine il Governo dovrebbe dare maggiori risorse a istituti ed organizzazioni come la Simest , la Sace, e l’ICE dove le prime potrebbero maggiormente supportare finanziariamente le imprese che necessitano di andare all’estero e l’ultima garantire che avvenga un vero e proprio ” sistema paese” all’estero.