«Chissà come finirà..Vincerà nuovamente lui?». Milano, alle nove del mattino la proprietaria di un bar di Piazza Bolivar guarda insieme al figlio la trasmissione Omnibus su La7 e si domanda se la spunterà un’altra volta il Cavaliere di Arcore. Ma un cliente frena subito la proprietaria: «Signora, vincerà la sinistra…». È il grande giorno delle elezioni politiche, si voterà anche domani, e in un bar di Milano non si parla d’altro. Mentre si sorseggia un caffè la discussione fra la proprietaria e il cliente si accende: durerà qualche minuto ma non porterà a nulla, lasciando nel dubbio i due interlocutori. «Chi vincerà?»
Alle 9:30 il cronista sale su un taxi per recarsi all’aeroporto di Linate. E il tassista subito gli domanda: «Dove va di bello, ma ha già votato?». E il cronista: «Non ho ancora votato: sono residente in Sicilia, voterò lì». Durante il tragitto si parlerà delle elezioni politiche (la domanda è sempre la stessa: «Chi vincerà?»), delle regionali lombarde (Maroni o Ambrosoli?), e dell’amministrazione Pisapia. Il conducente/tassista, di origine abruzzese, con moglie ed un figlio, voterà nel pomeriggio ma ha le idee chiare: «Alle regionali voterò Maroni, mi sembra il più serio. E alle politiche Berlusconi. Non posso fare altrimenti: troppe tasse». E poi un duro attacco al sindaco di Milano: «Pisapia si è fatto eleggere, e poi è sparito. Ma ha notato che non ci sono più vigili a Milano?». Però poi ammette: «Allo stesso tempo, bisogna dargliene atto, ha gestito l’emergenze neve al meglio».
Dopo circa venti minuti arriviamo all’aeroporto di Linate. «Mi raccomando voti bene», ci saluta così il tassista. Varchiamo l’ingresso, e ci rechiamo al primo bar per un caffè. Al bar c’è l’atmosfera ideale per chiacchierare di politica. Anche qui è in corso una discussione. «Chiunque vinca, non succederà nulla», tuona la cassiera. E una cliente tutta agghindata diretta a Catania le risponde così: «Signora, è fuori strada. Speriamo non vinca Berlusconi…». Interviene il barman: «Io voterò la Lega di Maroni….». Sbucano due ragazzi, entrambi di Catania, e con l’idea di voterà il M5S: «Noi abbiamo scelto Grillo. Vogliamo cambiare. Il Nano non si può votare». La discussione finisce lì perché il barman è richiamato all’ordine dalla cassiera infastidita che il bar si sia trasformato in una tribuna elettorale.
Lasciamo il bar, e ci rechiamo al Gate del volo Alitalia per Catania delle ore 11:00. In fila c’è una platea di passeggeri piuttosto eterogenei: trovi lo studente fuori sede con il Fatto Quotidiano, che scenderà appositamente nell’isola per votare (Grillo?), una coppia di lavoratori, recentemente trasferitosi a Milano, la signora in carriera, che parla continuamente al telefono, residente in Sicilia, e sostenitrice del premier uscente di Mario Monti. Ma c’è di più. C’è anche chi non si sbilancia: un signore baffuto, ben vestito, e con trolley da viaggio, dice a Linkiesta: «Il voto è segreto. Mica lo posso dire ad un giornalista? Le posso dire chi non voterò: Berlusconi… Poi nulla di più»..
Nell’attesa di entrare in aereo i passeggeri annunciano ai familiari che all’ora di pranzo saranno nel capoluogo etneo. Partono le telefonate: «Sì, sto partendo adesso. Verrò direttamente a casa con il taxi. Poi nel pomeriggio andremo a votare», spiega probabilmente ad uno dei familiari una giovane trentenne, con Corriere della Sera sottobraccio.
Alle 11:05 l’aereo decolla. Cala il silenzio. C’è chi riposa, probabilmente stanco dalla settimana di lavoro, c’è chi legge, e c’è anche chi discetta sull’affluenza alle urne. La discussione si fa alta: «Sarà come quella delle recenti regionali in Sicilia». Risponde l’interlocutore: «Ma no, sarà più alta l’affluenza. Alle politiche non si è mai sceso oltre una certa soglia». Ma non è finita. C’è anche un passaggio sulle legge elettorale: «Perché i partiti non hanno voluto cambiare la legge elettorale?». E il solito interlocutore: «Semplice, ai partiti gli fa comodo il Porcellum».
Alle 12:20 l’hostess annuncia che «fra venti minuti atterremo all’Aeroporto Fontanarossa di Catania, e la temperatura a terra è di circa 18 gradi». Un sollievo per i passeggeri siculi, che si inorgogliscono di essere quasi arrivati a casa. Sono tutti partiti con abbigliamento ultra invernale, e adesso si ritrovano in una terra dove la primavera sembra già alle porta.
L’aereo atterra dolcemente a Catania. Contemporaneamente tutti accendono i cellulari. È un continuo squillare. Le telefonate e le risposte sono sempre le stesse: «Mamma, siamo appena arrivati. Ritiro il bagaglio e sarò da voi». «Totò, sono a Catania. Prendo il bagaglio, e mi precipito a casa». Tutti non vedono l’ora di riabbracciare i propri cari. È il momento più bello di settimana: è domenica, presto saranno tutti seduti davanti ad un piatto di pasta al forno, e a tante altre prelibatezze del luogo. Perché il pranzo della domenica in Sicilia è sacro. Poi (forse) andranno a votare…