La Corea del Nord è pronta per Dennis Rodman? La domanda la pone Aidan Foster Carter, analista britannico di faccende coreane, nel commentare su Twitter la notizia dello sbarco a Pyongyang dell’ex stella della pallacanestro statunitense.
Proprio in questi giorni la stampa riporta tra le curiosità, la notizia sui presunti ventotto tagli di capelli approvati dal regime, una delle tante stranezze sulla vita a Nord del 38esimo parallelo. Nel frattempo l’ex campione NBA conosciuto per le tinture, i tatuaggi, i piercing e i comportamenti sopra le righe si presenta come possibile ambasciatore assieme a tre componenti dei funambolici Harlem Globetrotters in un nuovo capitolo della diplomazia dello sport.
Rodman e compagni sono a Pyongyang accompagnati dal corrispondente del sito Vice per girare un programma televisivo. Ma la visita, hanno spiegato gli organizzatori all’Associated Press, ha lo scopo di lanciare una sorta di diplomazia del basket in Corea del Nord, con l’apertura di campi per i ragazzi e partite con i migliori atleti del Paese. Magari alla presenza dello stesso Kim Jong-un del quale è nota la passione per i canestri.
Non è un caso quindi che tra gli aneddoti riportati l’anno scorso sui primi mesi di governo del giovane leader, quando si nutrivano maggiori speranze su ipotetiche riforme, si ricordino le critiche di Kim per un tabellone da basket nero a strisce bianche e non viceversa, come nel resto del mondo, segno a suo dire della scarsa attenzione della Corea del Nord per le regole internazionali.
I campioni di basket sono atterrati nella capitale nordcoreana quando è trascorso poco più di un mese dalla missione nel Paese eremita del numero uno di Google, Eric Schmidt. Al viaggio del manager del colosso informatico seguirono aperture del regime nel campo della telefonia e dell’accesso a internet per gli stranieri. Entrambe le visite capitano tuttavia in un periodo di forti tensioni nella regione mentre si attendono le decisioni delle Nazioni Unite (e soprattutto della Cina) su nuove sanzioni in risposta al test nucleare nordcoreano dello scorso 12 febbraio accompagnato da provocazioni e minacce verso la Corea de Sud e soprattutto verso gli Stati Uniti.
“Sembra strano mandare Rodman e gli Harlem Globetrotters in Corea del Nord? Sì lo è”, ha commentato Shane Smith, fondatore di Vice, che già in passato aveva abituato a servizi di questo genere come a esempio la partita di paintball tra i suoi giornalisti e alcuni esponenti di Hezbollah.“Però trovare punti in comune su un campo da basket è una cosa meravigliosa. Questi canali di comunicazione culturale possono sembrare poco tradizionali e forse lo sono. Penso tuttavia che sia importante tenerli aperti”, ha aggiunto parlando con la AP, “Washington non manderà i propri generali, ma noi manderemo i nostri Globetrotters”.
In realtà appena due giorni fa il Los Angeles Times aveva svelato che l’anno scorso la Casa Bianca tentò di approcciare la nuove leadership nordcoreana. Con due missioni segrete ad aprile e ad agosto provò a riportare il regime a più miti consigli, che tuttavia non diedero i risultati sperati. Per alcuni commentatori si tratta di un passo importante verso colloqui bilaterali tra i due Paesi, ma venuto alla luce in un momento sbagliato di crisi, tanto che dall’amministrazione statunitense non è arrivata conferma.
L’ultima visita ufficiale risale al 2009, con il tentativo dell’inviato speciale Stephen Bosworth di far ripartire i colloqui a sei sul nucleare. Nove anni prima fu invece l’allora segretario di Stato Madeleine Albright a incontrare Kim Jong-il, grande amante della pallacanestro. Anche per questo tra i doni per il Caro Leader offerti dal nemico numero uno del regime c’era un pallone firmato nientemeno che da Michael Jordan.