Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineTu dici flessibile

di Barbara Bernardi Tu dici flessibile di chi si adatta o sa cambiare, di chi si trasforma e si reinventa, di chi muta rapidamente e si mette in gioco. Tu dici flessibile anche di chi non resta imm...

di Barbara Bernardi

Tu dici flessibile di chi si adatta o sa cambiare, di chi si trasforma e si reinventa, di chi muta rapidamente e si mette in gioco.
Tu dici flessibile anche di chi non resta immobile, di chi non si ferma e continua a cercare, di chi in una competizione risponde, pronto a dare il meglio.
In tutto questo c’è molto di buono.

Io però dico resiliente di chi resiste agli urti ed è reattivo, di chi non si spezza né si scalfisce, di chi sopporta senza essere passivo, di chi si difende e non perde di sostanza.

Tu allora alzi la posta e dici flessibile di chi non è stabile e non ha continuità ed è senza prospettive, di chi è incerto e dubbioso.
Tu dici ancora flessibile di chi è indefinibile, di chi smarrisce l’identità sociale e personale, non ha risposte ma continua a cercarle, di chi non ha forma propria.
Tu dici infine flessibile di chi lavora come tanti ma, ancora a 40 anni, non sa cosa rispondere alla domanda Che lavoro fai?
In tutto questo c’è di che preoccuparsi.

Io a questo punto insisto e dico resiliente di chi sa rispondere ai cambiamenti, sopporta le prove, trasforma gli urti in occasioni per mostrare la propria natura, di chi si mostra reattivo, dialoga con l’ambiente forte delle sue caratteristiche di cui sa dire e descriverne la forma.

Flessibile dicevi, ci si chiede di essere flessibili, ma è resilienti che dobbiamo imparare a diventare.
La nostra rigida società sostiene, chiede e impone flessibilità, nell’immobilismo più totale.
Allora come diventare flessibili se non si è umanamente resilienti?
Come vivere da flessibili in un paese arroccato, che teme di spezzarsi?
E come ancora educare alla resilienza in una società che non sa dire di sé, non sa trasformare e trasformarsi, non sa immaginare, progettare e parlare di futuro?

Come essere flessibili, proprio perché resilienti, in una società che non lo è affatto?
E come non preoccuparcene se anche Emily Dickinson, nel 1863, riconosceva, così bene, i rischi di tanta incertezza quando scriveva:

L’incertezza è più ostile della morte.
La morte, anche se vasta,
È soltanto la morte e non può crescere.
All’incertezza invece non v’è limite,

Perisce per risorgere
E morire di nuovo,
È l’unione del Nulla
Con l’Immortalità.

A quando non dover più dire Italia come del paese che chiede flessibilità, condannando molti al Nulla Immortale?

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