Ore 13.40 partenza da Spresiano e arrivo alle 14.00 a Treviso. Successiva coincidenza per Castelfranco alle ore 14.30 ovviamente soppressa e “offerto” un treno alle 15.12 già con un ritardo accumulato di 35′ . Decido di attendere perciò quello successivo delle 15.30 ma nell’istante in cui viene annunciato inizia a gracchiare una vocina metallica che in diretta comunica “gentili passeggeri treno cancellato”. A questo punto, scostando una signora in lacrime e un controllore che in perfetto napoletano maledice i siciliani accusandoli di mangiarsi i soldi di Trenitalia, corro dall’altra parte della stazione e salto dentro al treno con la famosa mezz’ora di ritardo che nel frattempo era sopraggiunto.
Finalmente parto e animato da un’euforia alquanto paradossale arrivo trionfante a Bassano del Grappa, vera porta dell’Inferno Dantesco: la Valsugana, caratterizzata non dai ben conosciuti nomi quali “girone degli ignavi o “dei barattieri” ma bensì da paesi come Grigno, Tezze di Grigno, Strigno e qualunque altro nome susciti in voi angoscia e smarrimento….il tutto accompagnato dall’onnipresente dicitura STAZIONE DI [..].
Già di per se salire su un treno Trenitalia equivale a votarsi al sacrificio, molto peggio della messa Pasquale (quella da 1h30′) e dell’influenza intestinale. Ma fare la Valsugana va al di là di ogni possibile immaginazione.
Il treno arriva stranamente puntuale (sono sopraggiunte nel frattempo le 17.15) e la vecchina accanto a me, evidentemente loquace di natura e tutta contenta di aver trovato un giovane al suo fianco, comincia ad arrancare pretese giuste ma inadatte al momento: “bel giovine mi caricheresti la bicicletta sul treno? e poi avrei queste altre due borse che devo portare a mia sorella a trento, sai lei abita li da quando ha conosciuto suo marito che aveva il papà che faceva il partigiano [..]”.
Dopo due sole fermate dalla partenza il treno si ferma e comincia così il calvario. Ho dimenticato di aggiungere che le fermate in Valsugana sono 26 e la tratta è di appena 80 km, uno scherzo per un Paese industrializzato come il nostro…peccato che lo scherzo ce lo facciano loro e il viaggio duri ben DUE ORE E MEZZA (senza intoppi ovviamente)!!! La sosta forzata non è l’ultima purtroppo e a metà del viaggio, questa volta scegliendo la tratta più impervia e buia, il nostro mezzo di trasporto si ferma all’improvviso e dopo una breve comunicazione da parte del capotreno del tipo “i passaggi a livello successivi a causa del gelo sono rimasti bloccati aperti, dovremo aspettare gli operai da Levico che arrivino e li sblocchino, ne avremo per mezzora, scusateci” cominciano le chiamate ai parenti.
STOP: fermatevi per un secondo e provate a ricordare la scena del film TITANIC, quando la mamma mette a letto i due bambini prima che l’ondata sommerga le misere cabine di terza classe. Ecco cos’è successo dentro quel treno. Un bambino di circa sei anni, evidentemente assuefatto dalla sorellina spaccapalle e dalla mamma che continua a proporgli dei cracker spacciandoglieli per vitamina della crescita, si trasforma in scimmia ed emettendo suoni gutturali a dir poco comincia a correre verso la cabina del macchinista brandendo un dinosauro e una bustina di cracker ormai completamente disseminata per il pavimento. Al che il capotreno, esaurito da una giornata passata tra treni e stazioni, opta per l’atto di coraggio e afferrata la scimmia (ops, il bambino) afferra la lampada di segnalazione e comincia fare strada al treno che a passo d’uomo s’incammina per circa un chilometro circondato da neve alta mezzo metro.
Quello che è successo poi è superfluo perché, a discapito del mio interesse sociologico per gli individui che caratterizzano queste oscure valli, il viaggio si è svolto in maniera regolare e finalmente alle 20.30 (quindi ben 7 ore dopo la mia partenza, 150 km prima ) ho potuto cenare tranquillo.
“Grazie per averci scelto” il personale di Trenitalia.