LOMBARDIA NEXT STATE IN EUROPELombardia insicura, la colpa ricade sullo Stato italiano.

In Lombardia la spesa del Ministero dell'Interno nel 2011 per investimenti nella sicurezza è di 59 € pro capite, contro la media italiana di 85,8; in Calabria si arriva a 150 € pro capite investit...

In Lombardia la spesa del Ministero dell’Interno nel 2011 per investimenti nella sicurezza è di 59 € pro capite, contro la media italiana di 85,8; in Calabria si arriva a 150 € pro capite investiti, nella città di Isernia addirittura 358 € a persona, contro i 25,5 di Bergamo.

La tematica della sicurezza viene riesumata dalle forze politiche operanti in Lombardia solamente quando fa comodo: in campagna elettorale, chiaramente.

Riproporremo uno studio simile a quello già pubblicato sui Vigili del Fuoco, ma focalizzato sugli impiegati nelle Forze dell’ordine italiane e sulla situazione carceraria in Lombardia; per poi analizzare il corrispettivo in Austria, Stato autonomo di dimensioni demografiche ed economiche inferiori rispetto alla Lombardia.

Come nel caso precedente, per la descrizione delle condizioni in cui lo Stato italiano fa operare i propri dipendenti, lasceremo la parola ai comunicati stampa prodotti dalle associazioni di categoria in merito:

Abbiamo avuto tagli sul piano sicurezza, che non è solo impegno sul territorio, ma riduzioni di risorse anche per quanto sta dietro. Pesanti ripercussioni si sono avute nel comparto polizia per i tagli effettuati nel tempo. Qualche esempio? Più del 50% per munizioni, equipaggiamento, pulizie delle caserme, sulla formazione del personale e sugli straordinari…

Si pensi che abbiamo in pendenza 7.500 ore di straordinario solo alla questura di Brescia, ore eccedenti che risalgono al periodo 2012. Ore fatte per garantite servizi e sicurezza alla popolazione che non sono state pagate. Non sappiamo quando e se verranno liquidate…

Abbiamo colleghi che anticipano di tasca propria i costi per le missioni che sono state drasticamente tagliate. Soldi anticipati per far benzina o per cambiare olio delle auto.

Rosario Morelli – Segretario SIULP Brescia

Sempre lo stesso segretario Morelli, in una lettera dedicata al questore di Brescia sulle condizioni igenico – sanitarie degli uffici della questura, che consigliamo di leggere lontano dai pasti, descrive uno scenario degno, forse, di un qualche conflitto mediorientale o africano. Invece è piena Lombardia, cuore di uno dei Quattro Motori d’Europa, terra che ospiterà tra un paio d’anni l’EXPO, con a capitale Milano, una delle più importanti città europee.

In queste condizioni, quindi, si pretende di combattere il radicamento delle mafie italiane e non nel tessuto sociale e produttivo lombardo?

Eppure è l’unica gestione che noi lombardi possiamo permetterci, fino a quando rimarremo unicamente una regione nello Stato italiano, visto che è amministrata unicamente dallo stesso. Tutte le speranze che qualcosa vada migliorando, o che una fantomatica “macroregione” all’interno di questo Stato possa rivoluzionare questo modo di fare, sono assolutamente velleitarie.

Quando poi chi commette un crimine viene arrestato e condotto in un istituto di pena, la situazione diventa ancor più tragica: I dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dicono che nei 19 istituti di pena della Lombardia ci sono 9.307 i detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 6.051 posti. Sono 3.998 gli stranieri sul totale della popolazione detenuta e di solo 84 persone in semi libertà. In attesa di giudizio risultano 3.746 detenuti mentre sono 5.270 i condannati definitivi. La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha inoltre condannato lo Stato italiano proprio per il sovraffollamento delle sue carceri.

Volgiamo lo sguardo alla vicina Austria, quindi, Stato indipendente facente parte dell’Unione Europea, di dimensioni demografiche ed economiche inferiori alla Lombardia.

La popolazione carceraria in Austria conta 8,719 detenuti, che supera di poco la capienza regolamentare di 8,650. Al di fuori dei loro 27 istituti di pena (ben 6 in più dei nostri, quindi) è attivo da un paio di anni il “bracciale elettronico”, strumento che permette la detenzione a domicilio, con una notevole diminuzione di spesa per la collettività (la detenzione carceraria mediamente costa 100€ quotidiani a detenuto, mentre quella domiciliare molto meno, ed il costo del bracciale, 22 € quotidiani, sono a carico del detenuto).

Il “bracciale elettronico” è in sperimentazione da 10 anni anche nello Stato italiano, e dopo una spesa di 90 milioni di € per il servizio di telesorveglianza appaltato a Telecom Italia, non un solo detenuto è uscito dal carcere con questa modalità.

Le forze di polizia austriache sono state interessate da una recente riorganizzazione e federalizzazione. Nelle 1000 caserme agiscono quindi 20,000 addetti, con ben 70 mezzi nautici per poter operare nei laghi e nei fiumi, mentre nei laghi lombardi spesso la polizia italiana non opera più per mancanza di mezzi.

Se potessimo organizzarci da soli, esattamente come stanno facendo i nostri vicini austriaci, la situazione della sicurezza in generale migliorerebbe di molto: ma per arrivare a questo punto, è necessario intraprendere il percorso di autodeterminazione, diventando uno Stato a tutti gli effetti.

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