Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineOttimismo

di Fabrizio Valenza Non c'è di che andare entusiasti. Questo è valido del giorno d'oggi, del mondo d'oggi, dell'Europa di oggi e, soprattutto, dell'Italia di oggi. Verrebbe quasi da dire che si tra...

di Fabrizio Valenza

Non c’è di che andare entusiasti. Questo è valido del giorno d’oggi, del mondo d’oggi, dell’Europa di oggi e, soprattutto, dell’Italia di oggi. Verrebbe quasi da dire che si tratti di un pensiero banale e ovvio, talmente ovvio che la frase è divenuta la linea grigia che sta ingrigendo le nostre esistenze. L’Italia odierna pare fatta di contrasti che, anziché portare alla novità produttiva e producente, non fanno altro che approfondire il solco di divisione sempre più profondo tra gli strati del popolo italiano.

Questi strati si stanno trasformando sempre più in “stati” e talvolta mi trovo a pensare che sarebbe necessario che, finalmente, anche in Italia venissero invocati gli “stati generali” che furono la premessa per una rivoluzione in Francia, capace di modificare per sempre la visione del rapporto tra cittadino e Stato (stavolta con la maiuscola). È ormai impossibile nascondere come l’Italia, e prima ancora gli Italiani, abbia bisogno di un rinnovamento delle coscienze. Ci troviamo di fronte al momento della maturità, che riusciremo a raggiungere solo se capaci per una volta di mettere da parte l’interesse personale a favore dell’interesse generale.

Anzi, direi di più: se saremo capaci di inserire il nostro interesse personale nell’interesse generale.

Certo, per fare questo passo è necessaria una disposizione d’animo verso il futuro che non si lasci annichilire dai pesi del passato, dalle sconfitte subite e dalle continue sberle ricevute da uno Stato e da un Popolo che paiono refrattari al cambiamento. Il cambiamento, però, è già arrivato: ci ha sorpresi tutti pur presagendolo e, almeno in parte, agendolo. Ci vuole ottimismo per riuscire a credere che il futuro ci riservi qualcosa che corrisponda ai nostri sforzi, al nostro salto nel buio, al nostro rimetterci in gioco per l’ennesima volta, al nostro credito nei confronti di chi ci sta attorno e di ciò che ci circonda. Se c’è una cosa che l’Italia è sempre stata capace di fare, è creare qualcosa di nuovo che prima non c’era in alcuna parte del mondo, fino a farlo diventare una parola nuova per il mondo intero. Che fosse nel campo dell’arte (è italiana praticamente tutta l’arte figurativa e architettonica del mondo), nel campo della civiltà (Roma, Machiavelli, Beccaria, Garibaldi), nel campo delle scienze (Galilei e i maggiori filosofi) o del vivere quotidiano (cibo, moda, abitazioni, arredamento), l’Italia ha creato il mondo che conosciamo e lo ha fatto sempre risollevandosi dalla condizione miserevole nella quale da sola era finita. Un grosso problema, però, è che noi Italiani accusiamo sempre un rosso di considerazione verso ciò che siamo. Per capire quanto valiamo in questi ambiti, dobbiamo sempre andare all’estero.

L’ottimismo nasce spesso dal mistero, da ciò che sentiamo nascondersi oltre la cortina visibile della realtà e che presagiamo. È una questione di fiducia. Mi piace concludere questa breve riflessione riportando un brano del bellissimo romanzo di Cormac McCarthy, La strada. È proprio il brano finale, posto a concludere una vicenda cruda, tristissima e quasi senza speranza.

Una volta nei torrenti di montagna c’erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell’acqua ambrata con la punta bianca delle pinne che ondeggiava piano nella corrente. Li prendevi in mano e odoravano di muschio. Erano lucenti e forti e si torcevano su se stessi. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell’uomo, e vibrava di mistero.

La mia proposta è di imparare dall’oggi, dal passato e dalla eccezionalità che siamo, sia in positivo che in negativo, cogliendo il presente come un mistero gravido di novità. Senza dimenticare mai che l’ottimismo per il futuro viene dalla considerazione del passato.

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