Come leggere la classifica del World’s 50 Best Restaurant? Come quella del Pallone d’Oro che non è mai stato vinto da un fenomeno come Paolo Maldini? O come quella della qualità della vita nelle città italiane de Il Sole 24 Ore che tiene conto di parametri impossibili da stabilire? O ancora come quella del Festival di Sanremo con i televoti e manfrine varie? Boh, più che il dibattito sul valore della graduatoria e ancora di più su come lavora la Giuria internazionale (900 “opinion leader” divisi in aree regionali con il doppio obiettivo di concentrare i voti sui loro beniamini ma soprattutto di fare “scambi” utili) che stupisce solo i benpensanti, è interessante non fermarsi ai titoli. Qualche ragionamento a caldo, solo sugli italiani.
1.La grandezza di Massimo Bottura – primo chef italiano a salire sul podio – non risiede tanto nella tecnica (altri sono bravi quanto lui) o nella fantasia (tanti lo battono) ma nel riuscire a proporre in chiave modernissima e internazionale – con la giusta dose palabratica – i piatti della nostra cucina tradizionale, quasi casalinga. Ha capito prima di altri come piacere ai gourmet di casa nostra e agli stranieri colti che apprezzano sicuramente il “vestito giusto” nel piatto e il nome originale (e Massimo in questo è un fenomeno) ma non possono – e forse mai potranno – rinunciare all’idea che siamo quelli degli spaghetti al pomodoro, della pizza buona (non a caso, la nuova frontiera degli aristo-chef) e del caffè espresso. A proposito, lo chef-patron dell’Osteria Francescana collabora da tempo con Lavazza…
2. Il buon risultato di squadra, prevedibile ma non in questa misura. Certo, la Spagna tiene nonostante la crisi ma non siamo lontani. Le Calandre dei fratelli Alajmo salgono di cinque posizioni e si issano al 27°: possono crescere anche se paradossalmente il loro locale d’immagine è diventato il Quadri a Venezia. Forse perché sono pochissimi gli stranieri a vedere RaiUno dove è giurato del terrificante reality La Terra dei Cuochi, Davide Scabin rientra in classifica al 40° posto: lo chef del Combal.Zero (che da Rivoli Torinese potrebbe approdare a Milano) precede di una sola posizione Enrico Crippa, il tre stelle Michelin dell’ultimo giro. Riflessione: al di là di cosa si mangi, tutti e quattro i ristoranti dei “fifty best” sono in provincia. E aggiungiamo il Pescatore di Canneto sull’Oglio: 74°, in calo di quattro posizioni, ma con l’onore di vedere Nadia Santini premiata come World’s Best Female Chef 2013. A Milano e Roma, il livello medio-alto c’è e nessuno può negarlo. Evidentemente per i giurati il top scarseggia. E il Sud deve ancora aspettare di entrare nei primi 100.
3.Si diceva di Milano. Chi l’avrebbe mai detto che Carlo Cracco perdesse ben 26 posizioni? Peggio dell’Inter di questi tempi. Lo chef più amato dalle italiane, il Masterchef più gettonato dell’anno si ritrova all’82° posto, dopo che lo scorso anno era uscito dai magnifici 50. Nel 2011, per la cronaca, era 38°. Motivo? Il dibattito è aperto. Sovraesposizione mediatica: pare che siano stati proprio i giurati italiani a non dannarsi per sostenerlo fuori dai confini (leggi all’inizio) e qualcuno addirittura non l’ha votato. Strategia sbagliata: visto che si corre praticamente per Nazioni, è stato un errore non tener conto della rinuncia di Paolo Lopriore che non ha pensato troppo ai suoi colleghi (doveva? Mah) quando ha annunciato la chiusura del suo Canto a votazioni avvenute. Il suo locale era sicuro di entrare in classifica, facendo così in effetti ha sconcertato molti votanti e forse Cracco è stato danneggiato. Livello inferiore: non pochi sostengono che in Via Victor Hugo 4 non si mangi più bene come qualche anno fa, che lui è sempre in tivù, che non ha più voglia di cucinare e via dicendo… Se interessa, non siamo di questo parere. E vi assicuriamo che parecchi “opinion leader” non sono all’altezza di capire e si fermano troppo alle voci e al contorno. Che poi è peggio di fare (o non fare) lobby.