Nel Sei Nazioni delle compagnie aeree l’ Italia è inesorabilmente ultima e rischia non la retrocessione, ma la scomparsa. Il duo di testa Gran Bretagna-Irlanda domina con British Airways, easyJet, Ryanair e la pur acciaccata Virgin Atlantic.
La tedesca Lufthansa fa i conti con le nuove fortissime linee aeree del Medio Oriente e si affida alla sua low cost Germanwings, l’ olandese KLM pare trovare ancora la sua via per il mondo, Air France è alle prese con la profonda ristrutturazione che aveva rimandato per anni e inventa Hop!. Quanto a noi, può darsi che alla fine del 2013 non ci sarà più alcuna compagnia italiana a fare voli di linea.
WindJet è fallita ad agosto lasciando a terra i turisti, Blue Panorama è in “concordato preventivo in continuità”, Meridiana sopravvive grazie alle continue iniezioni di denaro da parte dell’ Aga Khan e Alitalia ha pagato gli stipendi di marzo solo grazie ad un prestito erogato in tutta fretta da alcuni dei soci, mentre altri, scottati e delusi, si sono rifiutati di mettere mano al portafogli, dopo che i soldi versati meno di cinque anni fa sono evaporati.
Nell’ aviazione italiana si sente parlare ovunque di crisi, perdite, debiti, cassa integrazione, posti di lavoro a rischio e non si vede come le nostre linee aeree potranno arrivare al panettone di Natale senza che qualcun altro saldi i loro conti. Alitalia controlla ormai una quota poco significativa del mercato dei voli intercontinentali, quelli che servirebbero a fare arrivare turisti direttamente in Italia e mandare i nostri uomini d’ affari per il mondo a vendere i nostri prodotti. Nei voli nazionali aumentano incessantemente le quote di mercato dell’ irlandese Ryanair e della britannica easyJet, che da tre settimane ha ha piantato la sua bandiera nell’ ultima cittadella fortificata di Alitalia, cioè quella rotta Linate – Fiumicino che è difesa solo dall’ esiguo numero di voli che sono stati concessi a easyJet dall’ Autorità Garante della (cosiddetta) Concorrenza e del Mercato, in modo che non si combattesse ad armi pari. In un mercato in cui chi preferisce ancora l’ aereo al treno esige ampie scelte d’ orario, la gattopardesca sentenza autorizza solo 5 voli al giorno per controbattere i 30 di Alitalia.
L’ aereo del volo inaugurale Linate – Fiumicino easyJet
Non c’ è stata nessuna linea del Piave che abbia resistito, i nostri vettori da decenni perdono soldi e arretrano, gli stranieri guadagnano e avanzano, non siamo sconfitti ma debellati, annichiliti. I dipendenti italiani dei vettori italiani perdono il posto, sostituiti nel migliore dei casi da vettori esteri con equipaggi con una certa componente italiana, anche perché ENAC impone che, nei voli interni, ci sia almeno un assistente di volo che parli la lingua di Dante, forse per annunciare
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
La crisi picchia duro e le linee aeree tradizionali dei Paesi europei in crisi rischiano di scomparire una ad una. Defunta l’ ungherese Malev, Cyprus Airways ha forse davanti a sé poche settimane di vita, se non verrà applicato un piano che dimezza flotta e dipendenti. Atene piange, ma Roma non ride.
Non si può capire perché la nosta aviazione sia così inefficiente da scomparire davanti a quelle degli altri Paesi europei, se non si torna a Margaret Thatcher e non si ammette che sconfitto è anche il nostro sistema socio-economico, poco rispettoso del comandamento che un’ azienda debba reggersi sui conti in ordine e non sui sussidi statali.
Il mondo dell’ aviazione è cambiato per sempre con l’ Airline Deregulation Act americano del 1978, che l’ Unione Europea ha poi largamente copiato, fino alla completa apertura dei cieli comunitari del 1997. In Gran Bretagna come in Italia le linee aeree erano strettamente regolamentate, con pochissima concorrenza, costi fuori controllo, inefficienze, prezzi altissimi e bilanci in perdita. Margaret Thatcher decise che la Gran Bretagna non avrebbe mai più tappato buchi di bilancio in British Airways e lasciò l’ azienda libera di aggiustarsi, in previsione della privatizzazione poi avvenuta nel 1987 e contemporaneamente consentì la nascita di Virgin Atlantic a farle concorrenza e così moderare le tariffe.
È inutile nascondere che in British Airways all’ inizio ci fu la tanto da noi temuta “macelleria sociale”, con migliaia di licenziamenti, ma nel tempo l’ efficienza ha portato il successo, il successo ha portato l’ espansione e l’ espansione il recupero dei livelli occupazionali.
Nessun governo italiano ha invece mai deciso di chiudere il rubinetto quando si trattava di ripianare le perdite di Alitalia, è stata l’ impossibilità di aggirare nuovamente il divieto europeo a imporne la privatizzazione, che Berlusconi ha fatto all’ italiana nel 2008, garantendo esenzione da rimedi antitrust per anni e un occhio benevolo ai raccattati soci che non avevano nessun interesse a che Alitalia prosperasse, ma solo a vendere il più presto possibile ad Air France e nel frattempo godere dei favori dell’ esecutivo nelle loro attività originarie.
Nessun Governo italiano ha mai fatto capire ai lavoratori che i posti di lavoro vengono garantiti dal fatturato e dai buoni bilanci delle aziende, consentendo per decenni l’ anarchia sindacale di aquila selvaggia e poi promettendo sette anni di denaro pubblico a chi perdeva il posto, uno scandaloso privilegio a favore della casta volante.
In questi giorni è il turno dei lavoratori di SEA Handling, che rischiano il posto e pretendono che il Comune di Milano glielo garantisca. Nessun lavoratore, nessun politico, nessun giornalista si chiede se si potrebbe aumentare il traffico degli aeroporti di Milano. Più aerei e più passeggeri in transito richiederebbero naturalmente più lavoratori, ma non ci pensa nessuno, davanti alla bara di Lady Thatcher e alla dimostrazione incontrovertibile che, almeno in aviazione, aveva ragione, il posto di lavoro deve essere garantito dalla politica e presumibilmente a carico del contribuente e/o del consumatore.
Per questa ragione per l’ aviazione italiana vale ancora il ritornello che nell’ Inghilterra pre-thatcheriana cantavano i Sex Pistols e che cito fino alla noia:
No future, no future,
No future for you
Il costo della politica in Italia non è lo stipendio del politico, ma il costo delle decisioni che il politico prende per assicurarsi l’ appoggio e il voto di un elettorato miope. Se non si rivoluzionano mentalità e obiettivi vivremo la decrescita, non felici e comunque convinti che la colpa sia di qualcun altro, magari del capitalismo cattivo di Margaret Thatcher che ha reso vincenti British Airways e easyJet.
CETERVM CENSEO LINATE ESSE DELENDAM