Mercato e LibertàChe futuro (if any) per FARE?

Distratti dai più importanti sviluppi politici (o più che altro mancanza di) successivi alle elezioni, è facile dimenticarsi dell'esistenza di FARE. Dal giorno dopo le elezioni si sono palesati dis...

Distratti dai più importanti sviluppi politici (o più che altro mancanza di) successivi alle elezioni, è facile dimenticarsi dell’esistenza di FARE. Dal giorno dopo le elezioni si sono palesati dissidi interni sul futuro del partito, e la news è che in preparazione dei Congressi Regionali e a seguire del Congresso Nazionale che si terranno a Maggio iniziano a girare manifesti e liste di firme.

Il primo è stato “La Strada da Fare”, il secondo “Manifesto per Fare”, e (almeno) un terzo è in arrivo ma non ha ancora un nome. Il primo manifesto è abbastanza dettagliato e prende posizione su diversi temi. Gli altri sono generici (“gli unici numeri sono quelli delle pagine”, come si disse dell’Agenda Monti) e non sollevano se non di sfuggita questioni rilevanti per il futuro del partito.

Sono un po’ deluso dai manifesti, troppo generici, e ho quindi scritto una sorta di template: cosa vorrei che ci fosse in un manifesto affinché sia informativo e istruttivo, mostri una visione del paese e indichi una strada e una strategia.

Collocamento – La distinzione tra destra e sinistra esiste, anche se forse solo nella testa degli elettori, e posizioni non chiare allontanano gli elettori. C’è un problema tripartito: quasi tutti i voti liberali sono a destra, l’unico leader politico di rilievo con idee liberali, Renzi, sta a sinistra, ed essendo difficilmente classificabile il liberalismo ha per sua natura punti in comune con l’antipolitica.

Radicamento – In Fare funzionavano due cose: la grinta di Giannino e l’elevato (per gli standard liberali) numero di attivisti. Pochi giorni prima delle elezioni è venuta a mancare la prima, e a furia di inattività prima o poi verrà a mancare la seconda. Nessuno sembra sapere a cosa possano servire i volontari, non essendosi ancora palesata un’idea di partito “vivo” sul territorio.

Comunicazione – Le idee liberali sono minoritarie in Italia e la competenza economica è scarsa sulla carta stampata, figuriamoci tra la popolazione. Nonostante alcune case editrici e think tank, quindi, niente della cultura liberale può essere dato per scontato in Italia, e trovare un modo per comunicare con gli elettori è già da solo un obiettivo estremamente sfidante.

Visione – Quando Churchill parlava durante la Seconda Guerra Mondiale toccava tre temi: la paura delle bombe, il coraggio dalla popolazione e la speranza nella vittoria. Chiamare un movimento politico ‘Fermare il declino’ è un po’ come chiamarlo ‘Blood, toil, tears and sweat’, ma se la retorica churchilliana si fosse fermata alla paura senza infondere coraggio e speranza avrebbe provocato la resa. Gli italiani hanno già paura ma non hanno coraggio e speranza, e non si sottoporranno mai alle fatiche delle riforme senza.

Fare squadra – Il problema dell’Italia è la mancanza di capitale sociale, cioè della capacità di cooperare. Gli italiani non sanno difendersi dalla politica e dall’amministrazione e tollerano qualunque cosa senza protestare. Gli italiani non lottano per abbassare le tasse ma cercano di evaderle, preferendo la fuga individuale all’azione collettiva. La mancanza di fiducia reciproca è un problema più grave dell’inadeguatezza della classe dirigente, e le difficoltà interne di Fare sono in piccolo le difficoltà di tutti gli italiani quando si tratta di fare squadra.

Antipolitica – L’antipolitica provoca reazioni di amore ed odio: è evidente che la politica sia un problema e che una rottura sia necessaria, ma non si vede come sia possibile salvare il paese con la ‘decrescita felice’ e altre amenità. L’antipolitica è tecnicamente un movimento di massa, e ne ha i difetti (molti e frequenti) e i pregi (pochi e rari): potrebbe essere necessaria a uscire dalla palude, ma si basa su quanto di più distruttivo la natura umana porti dentro di sé: per sua natura produce pochi Gandalf e tanti apprendisti stregoni.

Fare sembra nascere su un presupposto sbagliato: che la competenza tecnica (‘policy’) sia un sostituto per la capacità politica (‘politics’): se non si supera questo equivoco Fare non diventerà mai adulto.

Seguiranno altre riflessioni su temi specifici.

Pietro Monsurrò

@pietrom79

[Disclaimer – Sebbene non abbia ora né abbia avuto in passato alcun ruolo, sono tesserato di Fare, e anche se non lo fossi quasi tutti i miei amici ‘politici’ sono tesserati o addirittura hanno avuto incarichi ufficiali]

LINKS

  • http://www.fermareildeclino.it/articolo/fare-congresso-le-regole-per-lorganizzazione-del-congresso-costituente
  • http://lastradadafare.com/il-documento-completo/
  • http://www.manifestoxfare.it/wp/

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