Sabato 13 Aprile 2013, il Presidente dell’Autorità Palestinese (AP) Mahmoud Abbas ha accettato le dimissioni di Salam Fayyad, Primo Ministro dal 2007, con il quale era da sempre in aperto contrasto.
Le elezioni del 2006 nei Territori Palestinesi (Cisgiordania e Gaza), che hanno portato di fatto alla formazione di due governi indipendenti: uno guidado dal leader di Hamas Ismail Haniyeh a Gaza e quello (non eletto) del moderato e indipendente Fayyad in Cisgiordania. Fayyad, ex dirigente della Banca Mondiale, economista e grande amico degli Stati Uniti (dove ha studiato), si è politicamente distinto per aver preso le distanze sia da Fatah che da Hamas. Nella sua visione, non sarebbero né la violenza, né le negoziazioni a portare i Palestinesi ad avere un proprio stato, bensì i fatti. In particolare questo obiettivo sarebbe raggiungibile attraverso la creazione di un governo libero da paternalismi e corruzione, la fondazione di istituzioni governative, lo sviluppo economico e la costruzione di infrastrutture, il rafforzamento della sicurezza. Insomma, con la creazione di uno Stato di fatto, la pressione politica su Israele dovrebbe accentuarsi e portarlo a fare maggiori concessioni.
Figura poco conosciuta da buona parte dell’opinione pubblica internazionale, Fayyad è effettivamente riuscito a mettere in pratica il suo piano, almeno in parte. Dal 2007 ad oggi l’economia palestinese è cresciuta di media del 7% annuo, grazie alla fiducia che il Primo Ministro è riuscito a guadagnarsi sia in Europa che negli Stati Uniti, ottenendo un incremento degli investimenti in Cisgiordania, con i quali si sono avviate imprese volte allo sviluppo economico e alla ricerca di una graduale indipendenza dai paesi donatori.
Dal punto di vista della sicurezza, la cooperazione tra l’esercito israeliano e la polizia palestinese, fissata dagli Accordi di Oslo, ha proceduto a gonfie vele negli ultimi anni, nonostante diversi momenti di tensione. Grazie a ciò, Israele ha potuto eliminare diversi check-point e incrementare il traffico in entrata verso Israele a scopo sia lavorativo che umanitario (nel 2011 sono stati 200.000 i pazienti palestinesi curati in ospedali israeliani, il 13% in più dell’anno precedente). D’altra parte proprio questa cooperazione ha portato Fayyad ad essere visto con sospetto dai Palestinesi, come un collaboratore di Israele,che ha portato alla cattura di terroristi di Hamas. Così facendo Fayyad da un lato ha evitato una presa di potere da parte di Hamas nei Territori, e dall’altro, rendendoli più sicuri, permetterebbe a Israele di ritirarsi con più facilità (risolvendo così uno dei punti chiave dei negoziati di pace che è proprio la sicurezza dello Stato Ebraico, il quale teme che ritirandosi dalla Cisgiordania come fece da Gaza nel 2005 otterrebbe lo stesso risultato, ovvero un continuo lancio di razzi nel suo territorio).
Sebbene Fayyad non sia riuscito a ottenere uno Stato Palestinese de facto entro il 2011 come aveva pianificato, sicuramente ha portato a enormi risultati per il benessere dei Palestinesi della Cisgiordania e una garanzia a livello internazionale, tanto che persino il Segretario di Stato Americano Kerry, sembra abbia cercato fino all’ultimo di convincere il Primo Ministro a non dimettersi. Ma le distanze tra Fayyad e Abbas erano troppo grandi e mancava da tempo fiducia reciproca e una visione condivisa del futuro palestinese.
Oggi ad Abbas si presenta una sfida notevole: nominare un successore all’altezza di Fayyad riuscendo contemporaneamente ad arginare le aspirazioni di Hamas in Cisgiordania. Una scelta sbagliata rischia di vanificare gli sforzi che hanno creato fiducia, trasparenza e stabilità all’Autorità Palestinese in questi anni. Sforzi apprezzati sia da Israele che dal Quartetto, che rischiano di essere nullificati, portando non solo il processo di pace, ma anche e soprattutto la qualità di vita dei palestinesi della West Bank indietro di diversi anni.