Renzi è un grande comunicatore: lo descrivono così, senza eccezioni significative.
La dominante che ha connotato l’orazione è stata il tentativo costante di rendersi parte del gruppo di «Amici», a qualsiasi livello: «sono come voi». Sia per empatizzare con quel target estraneo, sia per marcare le distanze dallo scomodo contesto di provenienza, il mondo politico («quella parola brutta, politica»). Obiettivo ovvio, ma non semplice.
Per raggiungerlo, Renzi si è dimostrato innanzitutto un conoscitore del programma. Come a dire: se non è credibile su quel palco come character della trasmissione, si tenga perlomeno presente che ne è uno spettatore, «come voi».
Infatti l’esordio riserva un «in bocca al lupo alle squadre», a sottolineare la conoscenza del format: sa che c’è una competizione alla base di tutto, «come voi».
Subito dopo, si rivolge a «Maria». Maria, non Maria De Filippi. Non si tratta solo di una dimostrazione di confidenza verso la padrona di casa: è anche il modo in cui all’interno del programma tutti si rivolgono alla conduttrice, dai concorrenti ai giudici, fino al pubblico che interviene in studio. Maria De Filippi, nei suoi programmi, è semplicemente «Maria».
E anche questo Renzi lo sa (e non lo dimentica), «come voi».
Tutto il discorso è inoltre infarcito di chiari riferimenti alla trasmissione: parla di «sfida» («nella vostra sfida di oggi»), termine ormai di “proprietà” della trasmissione che da tempo propone le «sfide» tra i partecipanti come modalità di accesso allo show; di «talento che è anche fatica», proprio ciò che vorrebbe mostrare questo programma – un talent, appunto – quando propone gli allenamenti dei concorrenti per testimoniarne l’evoluzione; è anche dispiaciuto perchè «già stasera due di voi ci lasceranno»: conosce bene i meccanismi del format, fin nei particolari, «come voi».
E poi il saluto, «è il momento vostro, della gara»: non ne vede l’ora e correrà a guardarla. «Come voi».
Per essere parte di questo nuovo gruppo, per di più, Renzi marca le differenze. È diverso dagli altri: «quando è uscita la notizia – insiste – che c’era un politico che andava ad Amici, politici meno felici lo hanno guardato: “Ah! Ma come si fa a andare a un talent-show!”». La critica dei «politici meno felici» nei suoi confronti si riflette automaticamente sul pubblico del programma. Il «suo» pubblico, in quei quattro minuti, che si ritrova nuovamente di fronte a un «noi» vs «loro». «Perdonateli!» – commenta magnanimo – «perchè non sanno quello che fanno», sembrerebbe dimenticare.
In questo tentativo di inclusione Renzi è facilitato dai suoi recenti trascorsi. Anche lui è «in sfida» con Bersani e con il suo partito e ha vissuto le primarie come un televoto, cercando di aprirle il più possibile all’esterno del partito.
È un concorrente a tutti gli effetti. Di quelli bravi, pure. Da prima serata.
Trascrizione del discorso tenuto da Matteo Renzi durante la trasmissione «Amici» di Maria De Filippi, andata in onda sabato 6 aprile 2013.
Buonasera.
Buonasera a tutti e in bocca al lupo a voi, in bocca al lupo alle squadre. Beh, è molto… è molto bello, ma è anche molto… [pollice in su al pubblico] è molto difficile oggi parlare di speranza, ha ragione Maria. E soprattutto però io vorrei dirvi che da parte di un sindaco, da parte di uno che fa quella parola brutta, che fa politica, noi ci aspettiamo da voi che ci diate una mano a costruire questa speranza.
Non è vero che va tutto male. Sì, è vero: crisi, problemi, tutto quello che volete. Però nella vostra sfida di oggi, nella vostra sfida che vi ha portato fino a qui, nella sfida che vi porterà… qualcuno a vincere, ma diciamo la verità, anche qualcuno a non farcela: uno vincerà, due già stasera ci lasceranno, se ne andranno. Beh, c’è un sentimento bello di speranza che ci si può fare [sic]. Quando… quando è uscita la notizia che c’era un politico che andava a «Amici», lo hanno guardato: “Ah, questi politici!”. Politici un po’ più… così… meno … meno felici hanno detto: “Ma come si fa a andare a un talent-show!”. Perdonateli! Perdonateli se fanno polemiche sui talent-show, ma non perdonate quei politici che vogliono cancellare il talento. Ecco, noi avremo speranza se nel futuro di questo paese potremo riuscire a coltivare il vostro sogno.
E se c’è una cosa bella è che noi da voi ci aspettiamo sapete cosa? Di non fare come è stato fatto fino a oggi dove troppo spesso si trovava lavoro non per il talento, ma perchè si conosceva qualcuno, per la raccomandazione. Ecco sarà un grandissimo momento quello in cui questo paese sarà fatto da persone che vanno avanti con la forza del proprio sudore anche battendo qualche botta: può succedere, a me è capitato di perdere. E può succedere di perdere, può essere anche bello… mica tanto, ma insomma… puoi ritrovare la grinta per ripartire. E sarà un paese bellissimo quello nel quale smetteremo di guardare soltanto col torcicollo.
E allora non la voglio fare lunga, è il momento vostro, è il momento della gara. Però fatemi dire l’ultima cosa, ve la dico con il cuore. Io non so come questo bellissimo paese che è l’Italia immaginerà il proprio domani. Quando penso alla mia città, Firenze, penso a un… a un personaggio… ce ne sono tanti divertenti a Firenze, alcuni sono stati bravi, alcuni non hanno funzionato: c’è anche Pinocchio a Firenze, c’è Dante, c’è Leonardo, ci sono i più grandi. Però c’è un personaggio strano che è il Brunelleschi. Il Brunelleschi è un personaggio che tutti consideravano mezzo matto perchè continuava a avere il desiderio profondo di costruire una cupola come non l’aveva mai fatta nessuno: era convinto che potesse stare in piedi. I fiorentini lo guardavano con la faccia un po’ schifata e gli dicevano: guarda che tanto non ti starà in piedi. Bene, Brunelleschi ha avuto il coraggio di insistere, di crederci.
A me piace l’idea che per voi – ragazzi che siete arrivati qui non semplicemente perchè siete bravi ma perchè avete fatto fatica, perchè il talento è anche fatica, non è soltanto avere una possibilità, è anche mettersi in gioco – ecco, voi dateci una mano, dateci una mano a dimostrare che credendo e insistendo nei propri sogni uno ce la può fare.
Lo dovete a quei ragazzi, a quei tre milioni di persone [si riferisce ai 3 milioni di giovani disoccupati citati da Maria De Filippi 4 minuti prima] che il loro sogno lo vedono lontano. Io penso che se tutti insieme riusciremo a dare la dimostrazione che, coltivando un sogno, uno può raggiungere un obiettivo, non so se voi potete vincere o perdere, magari perderete una battaglia, però non perderete la faccia che è la cosa più importante. E che è la cosa che vi auguro. In bocca al lupo!