Rotta verso il mercatoAlitalia, non è tutta “colpa” delle low cost

Le perdite del primo trimestre sono aumentate, la cassa non basta a garantire che si arrivi al panettone di Natale, un nuovo piano industriale dovrebbe essere presentato a fine giugno e sia il mini...

Le perdite del primo trimestre sono aumentate, la cassa non basta a garantire che si arrivi al panettone di Natale, un nuovo piano industriale dovrebbe essere presentato a fine giugno e sia il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato che quello dei Trasporti Maurizio Lupi hanno annunciato interventi governativi per “porre fine alle asimmetrie competitive” di cui soffrirebbe Alitalia.

Pian piano l’azienda ammette il peccato originale della compagnia di bandiera, cioè l’aver puntato poco sui voli di lungo raggio ed essersi invece focalizzata sul breve ed in particolare sui voli nazionali, in cui i vettori low cost spadroneggiano.

È colpa delle low cost se i conti di Alitalia sono in rosso?

Tutte le linee aeree tradizionali europee soffrono l’offensiva delle low cost, imbattibili quando si tratta di trasportare un passeggero da A a B, che sia da Brindisi a Roma come da Nizza a Parigi. Come Alitalia sono network carriers, cioè hanno un’organizzazione pesante e costosa, fatta per poter portare passeggeri e merci tra due qualsiasi degli aeroporti della loro rete, facendo scalo nello snodo detto hub.

Una low cost si pone obiettivi molto più limitati e sarà sempre più efficiente nel portare un passeggero da Brindisi a Roma, il vettore tradizionale però è in grado di portarlo a Roma e farlo proseguire per una destinazione che da Brindisi nessuna low cost potrà mai offrire, che sia Trieste o Istanbul o Toronto, perché non si riempirebbe mai l’ aereo.

Lufthansa ha deciso di affidare alla propria divisione low cost Germanwings, pur sapendo che non sarà mai efficiente come una low cost pura, tutte le rotte da A a B che non toccano gli hub di Francoforte e Monaco, lasciando alla Lufthansa vera e propria il compito di far volare da Bologna a Shanghai, da Helsinki a Buenos Aires.

Alitalia è nata con una relazione ambigua e in ultima analisi perdente con Air France. Anche per limitare l’investimento richiesto a Colaninno e soci e ad IntesaSanpaolo che stava alle loro spalle, si è data una rete intercontinentale che, in primo luogo, non interferisse con quella di Air France-KLM. Ciò ha comportato il ritiro da Malpensa e un numero di voli intercontinentali da Roma così basso che i voli di collegamento da aeroporti come Brindisi non possono essere certo riempiti con i soli passeggeri in transito e devono contare anche su quelli che vanno proprio a Roma. Se però questi si vedono offrire da Ryanair tariffe allettanti, i voli Alitalia si svuotano finché Alitalia non abbassa i prezzi, purtroppo a livelli che superano i suoi costi, ma non quelli, ben più bassi, di Ryanair che di conseguenza fa profitto mentre Alitalia perde.

Nel 2013, ancor più che nel 2008 in cui è nata la nuova Alitalia, le low cost fanno i voli A-B, cosiddetti point-to-point e i vettori tradizionali, network carriers, fanno i voli che prevedono transiti. C’ è chi, come SEA a Milano Malpensa, preconizza un futuro in cui i vettori tradizionali faranno solo voli intercontinentali e i passeggeri in transito arriveranno nell’ hub con voli low cost, sotto la regia dell’ aeroporto e un sistema come ViaMilano, che muove bene i suoi primi passi.

Al passeggero che da Roma, Milano, Venezia, Bologna eccetera vuole andare a Shanghai, Singapore, San Francisco o Città del Messico Alitalia dice di passare da Parigi o Amsterdam, volando con Air France e KLM. Si offre solo per New York, Tokyo, Buenos Aires etc., ma badate bene che quelle stesse destinazioni sono offerte anche da Air France e KLM, in grado di soddisfare qualunque esigenza. Inoltre da tutto il nord, dove vive la maggior parte della popolazione italiana e c’ è la maggior parte del ricco traffico d’ affari, è quasi sempre più breve volare via Parigi anche se Alitalia è in grado di portarvi via Roma. Se devo andare da Milano a Boston, mi conviene fare scalo a Parigi, piuttosto che a Roma e allora salirò sull’ aereo per Parigi, in compagnia di chi è diretto a Shanghai, Singapore, San Francisco o Città del Messico, a cui Alitalia stessa ha consigliato e venduto un volo Air France.

Raccontata così sembra che Alitalia sia stata ideata da pazzi o masochisti, la realtà è che la sua nascita è stata un inganno con cui Silvio Berlusconi ha vantato il mantenimento della proprietà in mano italiana, quando si dava subito ai Francesi il filetto del mercato italiano, lasciando al negozio Alitalia i tagli meno pregiati da piazzare in concorrenza con le low cost. A tempo debito, dimenticata la promessa dell’ italianità, l’ Alitalia fatta in funzione di Air France sarebbe stata comprata da Parigi, ma la crisi economica e l’ accentuata concorrenza delle low cost hanno reso privo di valore il business di Alitalia ed Air France è più orientata, pare, ad uscire dalla partnership e lasciare Alitalia al suo destino, rinunciando ai passeggeri che ora è Alitalia stessa ad inviarle e contando, nel mercato italiano, solo sulla propria capacità di attrazione.

Se Zanonato e Lupi dicono che Alitalia va male per colpa delle low cost, travisano la realtà. Per definizione c’ è un’ asimmetria competitiva a loro favore, ma è vano sperare di riportare indietro le lancette dell’ orologio. Le low cost sono qui per restare, come non spariranno i supermercati che hanno costretto alla chiusura tanti negozi di frutta e verdura, macellerie etc.

C’ è tuttavia un altro problema, mentre Bossi inneggiava al federalismo, l’ Italia aeronautica dimostrava l’ inesistenza dello Stato nazionale, incapace di governare, indirizzare, regolare l’ aviazione.

In una pletora di aeroporti minori la proprietà pubblica ha promesso e pagato sussidi e contributi a chi apriva nuovi voli, vuoi per aumentare il turismo, vuoi per ragioni di prestigio, vuoi perché più voli e un aeroporto più grosso significano lavori di ampliamento e assunzioni. Ryanair è il destinatario principe di questi sussidi, ma la stessa Alitalia si è fatta pagare da Alghero e da Torino per effettuare voli fallimentari. Un ingente costo è stato caricato sulle spalle di Comuni, Province e Regioni.

La crisi finanziaria degli Enti Locali ha messo in crisi questo sistema, il Comune non ha potuto evitare la chiusura dell’ inutile aeroporto di Forlì, Vito Riggio a capo di ENAC prevede che molti altri aeroporti chiuderanno. Se è pur vero che in particolare Ryanair ha attirato ad esempio nel trapanese un numero mai visto di turisti, è assurdo che Ryanair riceva sussidi per trasportare, sui suoi voli da Trapani, passeggeri diretti a Roma, Milano o altrove in concorrenza con i voli che Alitalia fa dal vicino aeroporto di Palermo. Assurdo e soprattutto incoerente, gli Enti locali favoriscono la low cost mentre lo Stato centrale cerca di mantenere in vita Alitalia, il tutto a carico del contribuente. A Trapani si parla addirittura dell’ imposizione di una tassa, a carico dei turisti, per poter continuare a pagare l’ obolo a Ryanair ora che la finanza locale non ce la fa più.

Lo scorso anno un provvedimento legislativo ha vietato a Ryanair di far figurare come dipendenti da Dublino (e soggetti a tasse e contributi inferiori) suoi dipendenti che in realtà lavoravano stabilmente in Italia. Ora il sistema dei sussidi dev’ essere fortemente regolamentato, se non abolito, ma non ci sarebbe la situazione attuale se la proprietà di molti aeroporti non fosse pubblica. Ryanair a Ciampino, pare, non riceve nemmeno più sconti da Aeroporti di Roma, che è privata.

Le low cost, naturalmente depurate da certi vizi concessi troppo facilmente dagli aeroporti pubblici, sono ormai un elemento irrinunciabile del nostro trasporto aereo e un intervento invasivo del Governo danneggerebbe i passeggeri senza risanare Alitalia, che deve, se vuole sopravvivere, lasciar loro i voli point-to-point e farsi un network intercontinentale abbastanza esteso da poter diventare realmente un network carrier. Se un hub vero e proprio a Fiumicino e un modus operandi non assoggettato a Air France non sono economicamente sostenibili, allora la scelta sarà solo fra vendere a Air France, trovare un ipotetico sostituto ai Francesi o rassegnarsi alla chiusura come tanti fruttivendoli e macellai.

Nel frattempo il contribuente si prepari a spendere per sostenere il reddito dei dipendenti Alitalia che, è facile prevedere, saranno espulsi dall’ azienda, non per colpa delle low cost, ma di un piano industriale rachitico e di una falsa promessa di Silvio Berlusconi, a cui anche l’ opposizione aveva voluto credere.

Tra le “asimmetrie competitive” c’ è da togliere anche una che invece favorisce non poco Alitalia. A Milano Linate le si consente di prendere in giro la norma che, ad esempio, prevede che nessuna linea aerea voli a Napoli più di due volte al giorno. Alitalia lo fa dieci volte, utilizzando nomi di linee aeree che esistono sulla carta, mentre ENAC e Ministeri fingono di non vedere.

Mi auguro che il provvedimento governativo elimini le storture, ma tutte le storture, senza introdurne di nuove, altrimenti sarà non inutile, ma nocivo.

CETERVM CENSEO LINATE ESSE DELENDAM

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club