Pubblichiamo la seconda e ultima parte dell’articolo “La prima questione settentrionale“.
Potete trovare la prima parte a questo indirizzo: Prima parte
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L’annichilimento della civiltà e della storia lombarda fu eseguito anche da letterati e storici. Giuseppe Ferrari (1811-1876), nella sua ‘Histoire des revolutions d’Italie; ou, Guelfes et Gibelins’ descrisse il conflitto storico tra le due fazioni politiche medievali come un confronto etnico tra elemento germanico da una parte ed elemento romano dall’altra. Atto Vannucci, ancora, nella sua ‘Storia dell’Italia dai tempi antichi all’invasione dei Longobardi’ (1851) dichiarava espressamente: ‘L’Italia che ha ricevuto da ogni parte i suoi abitatori e cultori, darà a Roma tutte le sue razze, tutti i suoi uomini grandi, le sue severe virtù, le sue religioni, le sue istituzioni, tutte le sue civiltà. E Roma accoglie tutti i germi di una gran vita e li feconda e poscia uscendo d’Italia alla conquista dell’universo, diffonderà la civiltà fra i popoli barbari…Roma è la forza cui nulla resiste: Roma è la luce che illumina l’universo: e l’Italia dapprima lottante poderosamente con Roma, poi unita ai suoi grandi destini e alle sue grandi sciagure è sempre la più mirabile delle nazioni’. Infine, Carlo Troya, storico napoletano che scrisse però da Milano, sfidò con la sua opera ‘La Condizione dei Romani vinti dai Longobardi’ (1844) la tradizionale credenza condivisa dagli autori lombardi di una armoniosa coabitazione dell’elemento lombardo o franco con quello romano e tentò di dimostrare che questi ultimi subirono, invece, un trattamento di sfavore e la cittadinanza romana offrì loro solo pochi diritti ed una dignità mutilata.
In seguito all’ ”Unificazione dell’Italia”, gli autori lombardi reagirono diversamente alla storia ufficiale del nuovo stato: alcuni rigettarono la loro identità lombarda e accolsero la romanità intesa come civiltà e raffinatezza, altri invece si sforzarono di vedere un compimento del destino del glorioso popolo germanico che sottratta l’Italia ai barbari aveva l’opportunità di contribuire con il suo vigore alla rinascita storica della romanità.
Tuttavia, prima e dopo la così detta ‘Unificazione Italiana’ ci furono pure voci dissenzienti. Ad esempio, Giovanni Tamassia nella sua ‘Storia del Regno dei Goti e dei Longobardi in Italia’ (1826) pubblicato da Mazzoleni in Bergamo, descrisse i Lombardi come guerrieri feroci e valorosi, collegati ai famosi Goti come conseguenza della loro unione ai Gepidi, le cui imprese militari avevano donato loro fama ancora prima che essi invadessero l’Italia. Le loro schiere erano molto numerose: infatti, essendo in origine un piccolo popolo le avevano accresciute inglobando i popoli che avevano sconfitto. Le loro schiere erano talmente numerose che la presenza di 20.000 Sassoni sarebbe stata ininfluente e la loro discesa in Italia modificò per sempre l’assetto della penisola. I tratti distintivi di questo popolo erano, dunque:
1) l’eredità di una porzione della penisola dai colli del Tirolo fino alle porte di Roma, che da quel momento in poi avrebbe preso il nome di Lombardia
2) l’approvazione di Onorato, che a quel tempo sedeva sul soglio di Ambrogio e che quindi rappresentava una Chiesa comune con sede a Milano e che estendeva la sua autorità su tutte quelle terre
3) la libertà individuale di professare il proprio credo religioso
4) la presenza di molti elementi etnici: Germani, Slavi, Balcani ed infine anche Italiani.
I Lombardi sono descritti come fieri e valorosi in battaglia, gli Italiani sono codardi e scappano di fronte al nemico. Onore, lealtà ed orgoglio militare, tolleranza delle differenze religiose, etniche e culturali sono gli elementi che caratterizzavano il popolo Lombardo.
Assistendo al processo di formazione dell’Italia voci in difesa della Lombardia si levarono anche all’estero. Sir William Francis Butler (1838-1910) scrisse un’opera ‘The Lombard Communes – A History of the Republics of North Italy’ nel 1906. Nell’introduzione alla sua opera egli informa il lettore che a quel tempo autori come Lanzani e Giuseppe Ferrari erano molto pubblicizzati in Italia in quanto rappresentavano l’antagonismo tra nobiltà e borghesia come un confronto etnico tra Germani e Romani, ma lui non approvava questa interpretazione; inoltre, egli aggiunse ‘Ai giorni nostri, la Lombardia è la terra che giace tra i fiumi Ticino, Po e Mincio, ma per ogni studente di storia dell’Italia medievale
“The waveless plain of Lombardy,
Bounded by the vaporous air,
Islanded by cities fair”
La Lombardia è l’intero spazio racchiuso dale Alpi e gli Apennini annaffiato dal Po e dai suoi affluenti’.
Butler affermò, inoltre, che nel corso della storia i leaders locali avevano sempre tentato di affermare il proprio potere personale costruendo identità locali e dando loro un nome diverso disregando come conseguenza l’identità Lombarda: ad esempio, il Veneto fu chiamato così dalla repubblica di Venezia dopo che acquistò la Marca Trevigiana dal Sacro Romano Impero, il Piemonte fu così nominato dalla Casa di Savoia e l’Emilia dai Duchi di Parma e di Modena, ma la Lombardia, dice Butler, è in realtà la somma di queste terre e Milano, cioè la Città di Mezzo, la sua capitale naturale.
Sir William Francis Butler
La Contessa Martinengo nella sua opera ‘Studi Lombardi’ del 1902 pubblicato a Londra si riferisce alla Lombardia ancora come la pianura attraversata dal fiume Po e caratterizzata da una agricoltura ed una architettura unica, diversa dalla parte restante della penisola. Infine, Egerton R. Williams Jr. in ‘Lombard Towns of Italy’ (un libro che tratta di architettura lombarda) informa il lettore che le città di Lombardia ‘hanno esercitato sul progresso della civiltà un’influenza così unica e profonda che la sua impronta è ancora ben visibile oggi sulle nostre istituzioni moderne’ e ancora ‘I Lombardi non erano, dunque, quel popolo rude e selvaggio che viene spesso rappresentato, ma una nazione abbastanza sviluppata da aver raggiunto un livello straordinario di individualità, che resistette più di qualsiasi altra alle influenze dell’antica Roma’.
Conclusioni
L’opposizione tra un’idea di Italia e l’esistente Regno Lombardo aiutò nel corso dei secoli coloro che avrebbero volute costruire realtà politiche separate nella penisola. L’idea di Italia che emerse era un concetto forte, totalitario, che avrebbe riassunto in se tutte le altre storie ed etnie proprio come affermato da Atto Vannucci. Pertanto, la descrizione vaga dell’identità Lombarda fatta da Marinelli è coerente con questo progetto e la nuova politica razzista del neonato stato. Il risultato è però un vuoto ed una debolezza: un’area di transizione tra la Francia e l’Italia o tra la Germania e l’Italia. Sorprende scoprire che le parole di un Vannucci ed un Marinelli siano tutt’altro che morte, ma vivono ancora in questa Italia che ha ormai gettato nell’oblio la civiltà Lombarda, come dimostra, ad esempio, parte di un articolo scritto da Tommaso Padoa Schioppa (1940-2010) circa le ragioni di adesione dell’Italia e presumibilmente degli Italiani al progetto dell’Europa: “L’Italia guarda all’ Europa come ad un fenomeno caratterizzato dalla risurrezione della Civiltà Romana e della Cristianità Occidentale. L’Universalismo è il loro tratto comune e distintivo. L’Italiano è una lingua Neo Latina, ma Greci, Lombardi, Arabi, Franchi e Normanni hanno lasciato il loro contributo indelebile sulla sua evoluzione. L’ Universalismo , dunque, e non la Chiesa che pianificò le invasioni contro gli stati Lombardi fu il principale ostacolo all’unificazione Italiana e l’accettazione di signori stranieri nel corso dei secoli da parte degli Italiani è la causa sia di una bassa fedeltà nei confronti dello stato centrale che della volontà odierna di accettare la sovranità di Brussels. Il caso di Milano è emblematico, in quanto a differenza di altre celebrate città, fu sempre e solo un avamposto provinciale governato da lontano da Madrid, da Vienna ed infine da Roma. Milano ha sviluppato, dunque, una cultura municipale più che politica. I sudditi Italiani hanno servito fruttuosamente alle corti dei sovrani stranieri realizzando una attiva contaminazione tra l’Italia ed il resto dell’Europa. Tuttavia, la mancanza di uno stato Italiano non significò mancanza di una nazionalità italiana, intesa come lingua condivisa, abitudini e tradizioni ed una comune identità culturale…’.
* note sulla fotografia: Foto tratta da http://archiviodelverbanocusioossola.com/2012/09/28/quando-viaggiare-era-un-piacere-labelle-epoque-nei-poster-elvetici/
Edward Hutton, autore di ‘The Cities of Lombardy’ (Londra, 1912), aveva viaggiato in tutta l’Italia settentrionale che conosceva molto bene come dimostra nel suo libro. In merito al convento di Santa Caterina del Sasso egli scrive
“E là, nelle alture che circondano il lago si trova il piccolo convento di Santa Caterina del Sasso, che io amo più di qualsiasi altro in tutta quanta la Lombardia, perché i suoi campanili suonano in modo tanto piacevole con le rocce e il lago ai suoi piedi e la sua loggia con la torre offrono un dolce spettacolo dall’acqua”.