Mekong WaveSi apre a Singapore lo ‘Shangri-La Dialogue’

Sarà il primo ministro vietnamita, Nguyen Tan Dung, ad aprire i lavori del dodicesimo 'Asia Security Summit', anche noto come 'Shangri-La Dialogue', che si terrà dal 31 maggio al 2 giugno a Singapo...

Sarà il primo ministro vietnamita, Nguyen Tan Dung, ad aprire i lavori del dodicesimo ‘Asia Security Summit’, anche noto come ‘Shangri-La Dialogue’, che si terrà dal 31 maggio al 2 giugno a Singapore.

Nell’ultimo decennio, il summit ha unito insieme ministri della difesa, ufficiali delle forze armate, esperti e accademici di sicurezza e difesa a membri di think tank, esponenti del non governativo e del settore privato mantenendo un focus particolare su una zona di mondo sempre più al centro di interesse globali: l’Asia e il Pacifico. Lo ‘Shangri-La Dialogue’ è infatti riconosciuto come il più importante summit inter-governativo sui temi di difesa e sicurezza.

“Siamo lieti che ad aprire il summit sia il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung”, ha dichiarato nei giorni scorsi John Chipman, direttore e CEO dell’International Institute for Strategic Studies (IISS), il think tank indipendente fondato nel Regno Unito nel 1958 e da sempre promotore dell’evento. “La sua partecipazione e la prospettiva vietnamita sulle attuali questioni di difesa e risoluzione dei conflitti contribuirà notevolmente ad un dibattito cruciale sulla sicurezza regionale che si terrà qui (Singapore, ndr)”, ha inoltre aggiunto Chapman.

La Repubblica Socialista del Vietnam è spesso dipinta come una delle tigri asiatiche, un Paese in via di sviluppo capace di aver raggiunto importanti obiettivi soprattutto quando si parla di riduzione della povertà, aumento dell’alfabetizzazione di base. Mantenendo un’incredibile crescita economica che negli anni a cavallo tra i due secoli è stata seconda solo alla Repubblica Popolare cinese. Sul piano regionale, inoltre, il Vietnam condivide con nove Paesi del sud est Asia la visione comune di un ‘Comunità ASEAN’ (Associazione delle Nazioni del sudest asiatico). Dal 1995, anno che decretò l’ingresso ufficiale all’interno dell’Associazione nata a Bangkok nel 1967, il Vietnam è un membro sempre più influente, nonché un importante partner strategico per le grandi potenze che hanno interessi nell’area Asia/Pacifico.

Per queste ragioni e soprattutto dopo un anno in cui le implicazioni dovute alle contese nel mar cinese meridionale–mar dell’est secondo la denominazione cara ai vietnamiti—rischiano di mettere in crisi non solo gli equilibri a livello regionale, ma anche su quello internazionale, ci sono molte aspettative per il discorso di Dung.

Nel 2012, il summit era stato aperto dal presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, il cui governo ha giocato e sta giocando un ruolo di fondamentale importanza nel mediare tra la Repubblica Popolare cinese e i vari i paesi appartenenti all’ASEAN (Brunei, Filippine, Malaysia e Vietnam), che rivendicano sovranità sugli arcipelaghi Paracel e Spratly. Tra le varie questioni affrontate da Yudhoyono anche un capitolo sulla isole contese. “Possiamo accettare il fatto che le dispute territoriali e le rivendicazioni giurisdizionali hanno bisogno di tempo per essere risolte. D’altra parte, nell’attesa di arrivare ad una risoluzione finale riguardo le dispute, possiamo cercare dei modi per trasformare i conflitti potenziali nel mar cinese meridionale in un’occasione di cooperazione tra le parti”, aveva quindi sottolineato il presidente indonesiano, convinto della necessità di accelerare le negoziazioni. “Sono stati necessari dieci anni per completare le linee guida della Declaration of Conduct (DOC). Dobbiamo evitare che l’ASEAN-China Working Group non ne impieghi altri dieci per completare un Codice di Condotta”, aveva infine aggiunto Yudhoyono.

Quest’anno, però, nonostante la questione delle isole contese sia al centro di interessi internazionali e sempre più punto di un potenziale conflitto regionale, non è questione in agenda della tre giorni di dibattito. Non c’è inoltre traccia di argomenti legati alla sicurezza nei mari come invece accaduto lo scorso anno. Le cinque sessioni plenarie di questo dodicesimo summit verteranno infatti sui seguenti argomenti: ‘US approach to regional security’; ‘Defending National interests (Preventing conflict)’; ‘Military Modernisation and Strategic Transparency’; ‘New Trends in Asia-Pacific Security’ e ‘Advancing Defence Cooperation in the Asia-Pacific’.

Se la questione delle isole diverrà argomento di dibattito, molto dipenderà dall’abilità politica e negoziale del primo ministro vietnamita. “Dipenderà da Dung e dal suo discorso di apertura se la questione verrà sollevata o meno. Per presentare non solo la posizione vietnamita, ma soprattutto suggerimenti pratici sul da farsi”, ha scritto recentemente Carlyle A. Thayer, professore emerito alla University of New South Wales presso l’Australian Defense Force Academy di Canberra (Australia).

Nelle scorse settimane, il ministro degli esteri cinese Wang Li si è detto d’accordo a riprendere i colloqui con i dieci rappresentanti ASEAN per finalizzare quanto prima un Codice di Condotta legalmente vincolante, oltre che a mettere in piedi un gruppo di lavoro (Eminent Persons Group – EPG) che possa sostenere il rapporto bilaterale tra i singoli governi interessati. L’annuncio del ministro cinese è arrivato a conclusione di un tour in sud est Asia durante il quale Li ha platealmente evitato Filippine e Vietnam: i due paesi che stanno dando i maggiori grattacapi alla linea politica di Beijing. “Il ministro Wang sta evidentemente provando ad acuire le differenze all’interno dell’ASEAN esercitando pressioni per isolare le Filippine, se non anche il Vietnam”, come ha spiegato il Prof. Thayer.

Per alcuni osservatori internazionali la ‘South China Sea issue’, che al momento coinvolge direttamente ben sei Paesi (Brunei, Malaysia, Filippine, Cina, Vietnam e Taiwan) sta esacerbando le relazioni tra Hanoi e Beijing, rischiando quindi di minare la stabilità regionale. Il 15 maggio scorso, il ministero degli Esteri vietnamita ha protestato contro la decisone unilaterale del governo cinese di applicare il divieto di pesca nell’intera zona marittima che comprende anche le isole contese. “L’atto cinese nel mar dell’Est, che comprende alcune zone marittime sotto controllo vietnamita, viola la sovranità del Vietnam sull’arcipelago Hoang Sa (Paracel), nonché i diritti di sovranità e giurisdizione nelle zone economiche esclusive e della piattaforma continentale secondo quanto stabilito dalla United Nations Convention on the Law of the Sea del 1982”, ha quindi dichiarato il portavoce del ministero, Luong Thanh Nghi.

Una dichiarazione rilasciata mentre Dung era impegnato in una visita ufficiale in Russia, dove il primo ministro ha avuto l’occasione di verificare lo stato dei lavori sulla con segna di sei sottomarini classe Kilo che le autorità russe hanno venduto al Paese est asiatico. Un armamento strategico per acquisire maggiore potenza di fuoco e comunque vista in ottica anti-cinese.

Il summit arriva dunque in un momento cruciale, in cui le due parti hanno l’opportunità di riavviare un dialogo per lungo tempo interrotto riguardo la possibilità di trovare soluzioni pratiche nei mesi a venire. Con il suo discorso di apertura, in presenza tra gli altri del neo segretario di Stato americano, Chuck Hagel, Dung ha quindi l’opportunità di chiarire le posizioni vietnamite e i propri obiettivi su una questione sempre più vitale per l’equilibrio non solo regionale.

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