British GrenadierI soldi degli F35 finiranno altrove? Comunque, andranno ai soldati

A due settimane dalla morte del capitano Giuseppe La Rosa, alcune cose non tornano. Per esempio il fatto che fosse seduto dietro sul mezzo blindato in cui viaggiava. Ma anche le modalità dell’esplo...

A due settimane dalla morte del capitano Giuseppe La Rosa, alcune cose non tornano. Per esempio il fatto che fosse seduto dietro sul mezzo blindato in cui viaggiava. Ma anche le modalità dell’esplosione. Non è indubbio che abbia fatto scudo con il suo corpo, per evitare che la granata che l’ha ucciso potesse colpire gli altri soldati che erano con lui sul Lince. Un gesto eroico quello compiuto da La Rosa. E che merita un adeguato onore da parte della Repubblica. Tuttavia, il pacchetto di punti interrogativi inducono a formulare ipotesi e proposte su come evitare che la conta dei caduti prosegua.

Partendo dai presupposti che A) dalla missione non ci si può ritirare in anticipo; B) bisogna evitare che si contino altri morti, appare urgente capire come migliorare il dispositivo sicurezza di uomini, mezzi e di tutto il contingente in Afghanistan.

Bisogna ricordarsi che sul Lince i movimenti non sono facili. L’imbragatura a stella, una cintura di sicurezza con cinque lacci (due alle spalle, due ai fianchi e uno che passa sotto il cavallo della persona) si chiude con unico lucchetto nella zona dello stomaco e impedisce la maggior parte dei movimenti. Tiene il passeggero saldamente legato al sedile. Questo per evitare che deflagrazioni e urti lo facciano sobbalzare con forza eccessiva.

Ora, in un momento di tensione, come può avvenire quando nel Lince entra un ordigno, è difficile realizzare quanto stia succedendo, slegarsi in fretta, recuperare la bomba e nasconderla (dove?) nel corpo. I militari sono tecnicamente addestrati a situazioni di emergenza estrema. Logico però pensare che l’adrenalina faccia brutti scherzi in questi casi. Possibile allora che La Rosa fosse già slegato al momento dell’attacco?

Il ministro Mauro ha detto che l’attentatore è riuscito a salire sul Lince in mondo da essere sicuro di introdurre la granata nella ralla, il buco dal quale si affaccia il mitragliere. In questo caso, per La Rosa ci sarebbe stato il tempo per rendersi conto della situazione e di conseguenza liberarsi dall’imbragatura. Supposizioni. Di lana caprina, direbbero alcuni. E che non riportano in vita il caduto. Vero! Però la dinamica di un attacco è sempre giusto conoscerla alla perfezione. I militari le chiamano lesson learned.

Seconda domanda: perché La Rosa era seduto dietro? L’ufficiale, da prassi, è sempre al fianco del guidatore. E in quanto tale è il capo del mezzo. In questo caso, La Rosa occupava una posizione anomala. Lo si deduce dalla sua stessa morte. I due più due passeggeri del Lince sono separati da una serie di strumentazioni, tubature e elementi di protezione così fitti che impediscono il passaggio di oggetti dal retro del mezzo al davanti. E viceversa. O meglio, siamo precisi, le cose si possono passare. Però non velocemente. Ed è impossibile che l’attentatore sia riuscito a salire sul Lince, prendere la mira e piazzare la granata tra le braccia – o le gambe – del passeggero anteriore. No, La Rosa non poteva che sedere dietro. E questo lascia in sospeso cosa ci facesse lì un ufficiale. Possibile che fosse al seguito di un’operazione particolare?

I dubbi ci sono. E forse non saranno mai sciolti. Per la sicurezza nazionale è meglio così. Per dovere di informazione sono stati comunque enucleati. La vicenda fa riflettere sul livello di sicurezza a disposizione dei soldati in operazione. Il Lince resta una cassaforte. Salvo quel buco della ralla che annienta il grado di protezione. Il rischio maggiore è per il mitragliere: lui sì bersaglio mobile. «Io i miei sei mesi lassù in cima me li sono già fatti. Mo’ basta!» mi ha detto un caporale recentemente a Farah.

Quella botola sta diventando un canestro interessante per gli attentatori. Una settimana dopo la morte di La Rosa, un altro giovane ha lanciato da una distanza di circa 10 metri una granata tentando di centrare la ralla. Il colpo è fallito perché l’ordigno è rimbalzato sul blindato ed è andato a esplodere a terra dove ha ferito alcuni civili. Però anche questa è una lesson learned.

C’è una soluzione? Sì. Anzi, ce ne sono molte. Si dia per accertato che il mitragliere, perché essere umano pensante, non ha confronti rispetto a qualunque sensore elettronico. I suoi occhi possono individuare trappole, finte trappole, ma soprattutto effettuare una cernita veloce di chi è un bersaglio e chi no. Si tenga anche presente che la ralla è un punto di apertura tattico, da dove entrare e uscire. Non solo per il nemico, ma che per i nostri. L’evacuazione del mezzo e il recupero dell’equipaggio possono essere effettuati anche da quella botola.

D’altra parte, come spiegano gli esperti, già cinque anni fa, casi analoghi a quelli di La Rosa hanno spinto lo Stato maggiore dell’esercito (Sme) a valutare la progettazione di ralle blindate, oppure elettroniche. Cioè a controllo remoto. Per le prime si è sempre rimasti scettici. Le seconde, al contrario, hanno suscitato interesse. Si tratta di un dispositivo simile a quello della Bae Systems che la Royal Air Force britannica ha introdotto sui suoi Lince, sempre in Afghanistan. Al momento sono 41 i Lince italiani dotati di torrette Hitrole, di produzione della Oto Melara. Di queste, 10 sono impiegati Afghanistan dal luglio 2012. E si è in attesa del trasferimento a Herat di altre 10 mezzi.

Tuttavia, la Oto Melara è cara. Il suo progetto è stato pagato già 20 milioni di euro. Per questo lo Sme ha preso in considerazione anche il modello definito dalla Telemetrik: 40 mila euro a torretta anziché i 250 mila della Hitrole.

Domandone finale quindi. È quasi certo che i mitici F35 verranno sì acquistati, ma in numero davvero irrisorio. Giusto per presenza. Il jet della Lockeed è talmente impopolare che nemmeno il ministro Mauro ormai lo considera più come uno strumento bellico. D’altra parte il contratto è stato firmato. E per evitare di far sempre la figura del Badoglio italiano che cambia idea all’ultimo momento, ne prenderemo meno di quei 90 stabiliti da Di Paola. Questo significa che un piccolo risparmio ci sarà. Nessuno crede alla favoletta per cui: no agli F35, più asili e ospedali per tutti. Plausibile è invece un cambio di indirizzo dell’investimento pur restando in ambito difesa. Un impegno a beneficio dei ragazzi dell’esercito e dei loro Lince. Con la Oto Melara o la Telemetrik non importa. Purché si migliorino i sistemi di protezione della componente esercito.

D’altra parte, il nostro destino è questo. Il mare e l’aria saranno sempre più un monopolio degli Usa. A noi resteranno i compiti di operazioni speciali, hit and run e simili. Quindi l’esercito. E allora perché non investirvi fin da subito?