Infiamma in queste ore (già roventi per la condanna, e la conseguente interdizione a vita dai pubblici uffici, di Silvio Belrusconi) il dibattito politico la questione dell’acquisto di circa 90 cacciabombardieri F35. Per una cifra superiore ai 14 miliardi di euro.
Perchè il Paese, in ginocchio per la crisi, dovrebbe spendere questa esorbitante quantità di denari pubblici per comprare degli aerei da guerra?
I militari rispondono che questi velivoli sono fondamentali al mantenimento della nostra flotta aerea, che in realtà costano “poco” e che partecipare di questo acquisto darebbe lavoro a circa 10.000 persone, indotto compreso.
Dal portale dell’Aeronautica si legge: “…il Programma “F-35 Lightning II-JSF” (Joint Strike Fighter) ha l’obiettivo di sviluppare e produrre un sistema d’arma da combattimento di nuova generazione economicamente sostenibile e “supportabile” in tutto il mondo…”.
Sempre dal sito ufficiale: “…inoltre, il progetto prevede anche importanti opportunità e ricadute sull’industria italiana, in termini di partecipazione industriale al lavoro e di trasferimento di tecnologie. Oltre alla necessaria acquisizione di un velivolo da combattimento di quinta generazione dalle caratteristiche progettuali, costruttive e operative decisamente innovative, per il prestigio nazionale ha ricoperto un’importanza strategica anche la realizzazione sul territorio italiano, presso la base dell’Aeronautica Militare di Cameri, di una linea di assemblaggio finale, manutenzione e aggiornamento, l’unica al di fuori degli Stati Uniti, denominata FACO/MRO&U (Final Assembly and Check Out/Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade)…”.
Insomma pare chiaro che per la nostra Aeronautica non solo questo progetto è fondamentale per garantire la nostra capacità bellica, difensiva ed offensiva, costa poco ed è anche un bene per la nostra economia.
Non sono d’accordo. Le nostre forze armate fanno i loro interessi “militari” e politici, ma non credo che questi siano di alcun vantaggio per il Paese. Almeno in questa fase storica.
Ovviamente per non parlare di quanto sia eticamente sbagliato acquistare armi, perchè tali sono, di distruzione di massa. Gli F35 sono aerei da combattimento “stealth”, cioè invisibili ai radar, ed equipaggiati anche con ordigni nucleari di ultima generazione. Non mi pare che tale dotazione, ma lo stesso concept dell’aereo, si presti ad operazioni di “peace keeping”, anzi.
Inoltre l’Italia è un Paese che si definisce “europeista”, ma per esserlo davvero si dovrebbero smantellare le forze militari nazionali per averne solo una europea, appunto. E comprare armi non mi pare la strada giusta per giungere all’esercito unico europeo.
Tanto per dire, gli Stati Uniti d’America, sono divenuti tali (uniti per l’appunto) solo quando i singoli Stati hanno rinunziato anche al proprio esercito.
Tra l’altro proprio gli USA, il Pentagono per la precisione, ha appena diffuso un rapporto secondo il quale l’F35 è incapace di combattere e non avrebbe alcuna chance di successo in uno scontro reale.
Otto, secondo la Difesa americana, i difetti cruciali di questo tipo di aerei tra i quali la scarsa evoluzione tecnologica, la ridotta consapevolezza della situazione da parte del pilota in caso di emergenza e il rischio che grandi quantità di carburante del velivolo possano prendere fuoco in situazioni difficili, con la conseguenza di rendere complicato se non impossibile per il pilota l’abbandono del velivolo.
Ma lasciamo stare l’etica e ciò che dicono gli americani, d’altronde potrebbe essere tutto opinabile, e parliamo di soldi. Questo si che è un punto chiaramente oggettivo: possiamo permetterci di spendere 14 miliardi di euro solo per l’acquisto di questi F35? A mio parere no.
Andiamo per ordine, innanzitutto le nostre aziende non trarranno alcun beneficio in termini di ricaduta tecnologica: l’assemblaggio e la manutenzione che verranno svolte a Cameri, ha dichiarato ad Analisi Difesa l’ingegner Cesare Gianni, ex direttore responsabile dei velivoli militari di Alenia, sono “attività di mera esecuzione di processi e specifiche predeterminate, senza conferimento di valore aggiunto e senza la possibilità di ricavarne alcun vero know how, del resto fortemente protetto. Che la scelta F-35 favorisca l’industria italiana, per la quale il caccia americano rappresenterebbe un’occasione irrinunciabile, è un’affermazione che non si può assolutamente accettare e che va contestata con determinazione” poiché, al contrario, questa scelta avrà “conseguenze penalizzanti per l’industria”.
Per non parlare del mito, di berlusconiana memoria, dei “diecimila posti di lavoro” che secondo la Difesa gli F-35 creerebbero nello stabilimento di Cameri e nelle piccole e medie aziende dell’indotto. Secondo le ultime previsioni di Finmeccanica, gli addetti di Cameri saranno al massimo 2.500: tutte risorse interne in esubero per il tagli al programma Eurofighter che verranno ricollocati sul nuovo progetto, non nuovi posti di lavoro (quelli, per ora, saranno solo ottanta); inverosimile immaginare che altri 7.500 posti verranno garantiti dalle quaranta aziende dell’indotto (oggi tutte sotto i 120 dipendenti) a botte di quasi 200 assunzioni per azienda. Più realistica l’ipotesi dei sindacati consultati dalla Rete Disarmo, che prevedono una media di 200 occupati a Cameri (con picchi di 600 nelle fasi di produzione intensa) più altri 800 nell’indotto.
Insomma ogni aereo ci costa più di 180 asili nido è uno strumento di morte, non crea occupazione e pare che nemmeno funzioni tanto bene.
Mi pare chiaro che un Governo degno di questo nome dovrebbe dire no, senza se e senza ma, a questa follia. Ed investire in occupazione, scuola, ricerca ed innovazione questo fiume di denaro.