La dodicesima edizione dello Shangri-La Dialogue si è chiusa domenica scorsa dopo tre giorni di presentazioni, colloqui e dibattiti intensi caratterizzati da parole di fiducia e rispetto.
Alcuni nodi restano comunque irrisolti e soprattutto, anche grazie alle parole in apertura del primo ministro vietnamita, Nguyen Tan Dung, la questione forse di maggior interesse e potenzialmente pericolosa–quella delle isole contese nel mar cinese meridionale–è divenuta argomento di discussione nonostante non fosse neanche in agenda del forum di difesa e sicurezza.
Il primo ministro ha espresso con enfasi l’importanza di una fiducia reciproca davanti ad una platea, in cui ad ascoltare c’erano anche il neo segretario alla difesa statunitense, Chuck Hagel e il vice capo dell’Esercito di Liberazione Popolare di Stato cinese, Qi Jianguo. Proprio a loro erano rivolti alcuni passaggi di un discorso in cui ad emergere sono state due problematiche tra loro interconnesse. La necessità di trovare una soluzione pacifica nel rispetto del diritto internazionale riguardo le contese nel mar cinese meridionale—denominato mar dell’est dal numero uno del governo di Hanoi—affinchè venga garantita quella ‘libertà di navigazione’ tanto cara agli statunitensi; e il ruolo che le grandi potenze, Cina e Stati Uniti appunto, devono giocare nello scacchiere regionale e internazionale. Dung ha infine ricordato il ruolo dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del sudest asiatico) e la necessità di garantire insieme alla Repubblica Popolare cinese un meccanismo per la risoluzione delle dispute marittime. Ovvero, che si arrivi quanto prima alla finalizzazione di un Codice di Condotta vincolante, sostenuto dai quattro membri ASEAN coinvolti nelle dispute (Brunei, Filippine, Malaysia e Vietnam), ma da sempre osteggiato da Pechino. A conclusione di un discorso durato 25 minuti, in cui la parola ‘fiducia’ è riecheggiata per ben 28 volte nella grande sala che ha ospitato l’evento, il primo ministro ha quindi riposto ad alcune domande. Ad introdurre la sessione, il direttore generale e capo esecutivo dell’IISS (International Institute for Strategic Studies), Dr. John Chipman.
Christian Le Miere, membro dell’IISS, ha chiesto se il Vietnam intenderà seguire la strada intrapresa dalle Filippine, il cui governo recentemente, per dirimere le contese con la Repubblica Popolare cinese, si è appellato ad un arbitrato internazionale previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (United Nations Convention on the Law of the Sea – UNCLOS). Una scelta che privilegia quindi le normative dell’UNCLOS, ma che le autorità cinesi hanno deciso di non riconoscere, nonostante la Repubblica Popolare cinese, così come gli altri quattro Paesi sopra menzionati, sia firmataria del trattato in questione.
Dung: “Di tale questione ne ha parlato a fine aprile il portavoce del ministero degli esteri, pertanto non mi vorrei ripetere anche per risparmiare del tempo e sottolineare invece che il Vietnam, come nazione costiera, è determinato a difendere la sua sovranità e gli interessi legittimi, nel rispetto delle leggi internazionali e in particolare dell’UNCLOS”.
In un comunicato del 24 aprile scorso, infatti, il portavoce del ministero degli Esteri vietnamita, Luong Thanh Nghi, aveva ribadito che il suo governo “seguirà con interesse gli sviluppi dei lavori del tribunale”, sottolineando altresì che il Vietnam può mostrare chiare evidenze storiche a sostegno delle sue rivendicazioni riguardo la sovranità dei due arcipelaghi contesi: Spratly e Paracel.
Nella sua risposta a Le Miere, Dung ha quindi rivolto un appello “all’ASEAN e alla Cina affinché si attengano alle disposizioni della Dichiarazioni sulla condotta delle Parti (Declaration on the Conduct of Parties – DOC, siglata a Phnom Penh nel 2002), con l’obiettivo di finalizzare il Codice di Condotta”.
Yao Yunzhu, generale maggiore dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese e direttrice del dipartimento di relazioni sulla difesa tra stati Uniti e Cina presso l’Accademia delle scienze militari di Pechino, si è rivolta al premier vietnamita chiedendo esempi concreti in cui le grandi potenze avrebbero violato le normative internazionali provocando problemi alla ‘libertà di navigazione’.
Dung: “la pace, la stabilità, la cooperazione, lo sviluppo e la prosperità, così come la sicurezza, la libertà di navigazione costituiscono interessi, aspettative e obiettivi comuni della regione e del mondo intero. I fattori di rischio per la pace, la stabilità, la sicurezza e la libertà di navigazione sono stati evidenziati nel mio discorso. Del resto, anche le dinamiche su questi temi registrate negli ultimi anni sono note ai presenti pertanto mi permetto di non ripeterli. Per realizzare le aspettative e gli obiettivi comuni che ho descritto finora, è necessario che le parti coinvolte attuino rigorosamente la Dichiarazione sulla condotta delle Parti per puntare poi ad un codice vincolante sempre nel rispetto delle leggi internazionali e con riferimento all’UNCLOS. Solo in questo modo potremo raggiungere insieme la pace, la stabilità, la cooperazione e lo sviluppo comune”.
La sessione di domande e risposte si è quindi conclusa con Lee Chung Min, membro dell’IISS e docente di relazioni internazionali. “Quanto si fida degli Stati Uniti versus Cina in ottica vietnamita?”
Dung: “Sulla fiducia riguardo Stati Uniti e Cina ho già precisato nel mio discorso. Vorrei solo sottolineare che sia gli Stati Uniti che la Cina sono due potenze che hanno grandi responsabilità non solo per il loro stesso futuro, ma anche per la pace, la stabilità, la cooperazione, lo sviluppo e la prosperità nella regione e nel mondo. Noi siamo fiduciosi che entrambe i Paesi conoscano e capiscano molto bene i rispettivi ruoli, le responsabilità e gli interessi in gioco. Così come crediamo che abbiano ben chiare le strategie e le azioni da seguire per contribuire alla pace, la stabilità, la cooperazione, lo sviluppo e la prosperità comune”.