Alexander Pereira è stato scelto ieri come sostituto del Sovrintendente della Scala Stéphane Lissner, che da tempo aveva annunciato che nel 2015 passerà all’ Opéra di Parigi.
Il mondo dell’ opera è ormai globalizzato e i teatri possono essere gestiti soltanto programmando con molti anni d’ anticipo le stagioni, per poter mettere insieme il cocktail ideale di titoli, direttori d’ orchestra, cantanti e registi. Chi arriva tardi, per quanto blasonato, trova i migliori già impegnati e, per quanti soldi spenda, avrà risultati mediocri.
Lissner sta sicuramente già lavorando alla propria attività parigina e serviva non tanto qualcuno che prendesse il suo posto nel 2015, ma qualcuno che, affiancandolo, prendesse da subito il testimone nell’ organizzare il cartellone della Scala dal 2015 in avanti.
Quello del Sovrintendente, a parte la questione finanziaria che si aggrava di continuo, causa il peggiorare della crisi dello Stato italiano, non era purtroppo l’ unico problema della Scala di oggi. Il grande favore di cui gode l’ opera in tutto il mondo, con nuovi teatri aperti da Pechino all’ Oman e la concorrenza feroce nell’ accaparrarsi i migliori, da una parte rendono ancora più importante e preziosa la gemma che Milano ha, d’ altra parte è sempre più difficile restare al vertice. Ci vogliono certo la tradizione e la cultura musicale, ci vogliono le persone, ci vogliono soldi, ma sono indispensabili anche un’ organizzazione perfetta e una macchina oliata i cui meccanismi girino precisi e senza intoppi e senza lotte intestine, sia nel teatro che nella città. A Milano non si possono più ripetere gli errori del passato
La storia della Scala degli ultimi decenni è purtroppo quella di un grande spreco di talenti, di mancanza della disciplina che dovrebbe essere imposta dalla dedizione totale alla causa della musica e del teatro. Le conseguenze anche economiche vengono spesso sottovalutate, per la città la Scala è anche un brand che insieme alla moda mantiene Milano ben più in alto del livello che le spetterebbe solo in base a criteri di popolazione o economici.
La Scala è per Milano, insieme al Duomo, quello che il Colosseo e San Pietro sono per Roma, il Canal Grande e San Marco per Venezia, è la sua identità, la sua migliore immagine nel mondo, qualcosa sì di cui vantarsi, ma che soprattutto può costituire un punto di attrazione assoluto e che va assolutamente mantenuto al livello più alto, senza sprecare i talenti.
Milanese e scaligero per definizione è Claudio Abbado, che un’ intera generazione di giovani non ha potuto ascoltare all’ opera, milanese adottivo era Riccardo Muti che ora a Roma, nel teatro che ha meno tradizione fra tutti quelli italiani e nonostante un’ orchestra di non grandissimo livello, dirige le migliori opere di Verdi che si possano ascoltare al mondo. Daniel Barenboim dà a Milano Wagner come lo si può ascoltare solo a Bayreuth o, sotto la sua bacchetta, a Berlino, ma molti lo vorrebbero allontanare, mentre è necessario che tutti i migliori tornino regolarmente a dirigere alla Scala.
Il livello qualitativo delle opere verdiane è sceso in molti casi, con direttori stranieri alla moda, a livelli imbarazzanti anche in questa stagione del bicentenario e purtroppo in teatro da tempo accadono cose che dovrebbero vedersi solo sul palcoscenico: odi, rancori, colpi di mano, lotte intestine. La qualità ne ha sofferto e non si può vivere a lungo di rendita, senza decadere. Non è stato bello leggere sulla stampa di lotte fra lobby opposte per assicurarsi la Scala, che dev’ essere invece forte e nel contempo ecumenica, non di qualcuno, ma della musica e della città tutta.
Occorre che il Sindaco, il Comune e la città si pongano l’ obiettivo illuminato non di limitarsi a finanziare il Teatro, nemmeno all’ opposto di condizionarne le scelte artistiche, ma di adoperarsi perché tutto sia rivolto al continuo miglioramento, all’ indefessa ricerca dell’ eccellenza.
Il Comune negli ultimi anni non ha sempre fatto il suo mestiere e ora deve riportare la Scala sulla giusta rotta, non affidandola a qualcuno per poi disinteressarsene, non ha funzionato nemmeno con l’ eccellente Muti, non funzionerebbe con Pereira, ma deve monitorarla sempre, evitando che la Scala continui a perdere contatto con i teatri che migliorano più velocemente, badando che stia ai vertici e soprattutto al vertice nel suo repertorio irrinunciabile, l’ opera italiana.
La Scala aveva bisogno di un nuovo Sovrintendente, ma ha bisogno anche di un Direttore Artistico e di un Direttore Musicale che sappiano essere forti senza debordare nell’ autoritarismo, pretendere il massimo ma restando nei limiti del proprio ruolo, di una bacchetta stabile che dia un suono all’ orchestra, ma che lasci spazi anche ai migliori colleghi.
Un genio come Barenboim l’ ha portata ai massimi livelli nel repertorio wagneriano, ma manca qualcuno che sia il migliore (o anche solo discreto…) nel dirigere Verdi e Puccini, per non parlare di Donizetti e Bellini che sono scomparsi dal Piermarini. Il nuovo Sovrintendente deve avere al fianco un vero Direttore Musicale ed entrambi devono amare innanzitutto Verdi e Puccini, non i registi.
Non si deve cedere alla moda del mettere la produzione scenica ad un livello di importanza più alto che la musica o affidare il nostro patrimonio culturale, la nostra identità a qualche direttore d’ orchestra che va per la maggiore fra le case discografiche più commerciali e i critici non sempre obiettivi della stampa straniera, ma che poi è mediocre nel repertorio italiano. Si trasformerebbe la Scala in qualsiasi teatro come ce ne sono tanti nel mondo.
Essere aperti, essere il palcoscenico di quanto di meglio offre la musica nel mondo, riuscire a mantenere le grandi novità di repertorio introdotte da Lissner, ma senza sacrificare il repertorio tradizionale italiano e scaligero, evitare che si ripetano rotture insanabili come quelle con Abbado e Muti, che anzi devono tornare a dirigere a Milano, avere i migliori direttori del mondo, ma curare lo sviluppo dei migliori italiani e non solo, sono esigenze contraddittorie che richiedono attenzione, impegno, passione.
Last but not least il pubblico che è il più esigente, il più polemico, ma anche il più competente del mondo. Una volta Riccardo Muti disse ai più anziani fra gli Amici del Loggione che riveriva e temeva le loro orecchie, perché avevano ascoltato il meglio della musica dei passati decenni. Troppo spesso il teatro ora non presta ascolto a chi ascolta, richiudendosi in se stesso e contando sulla grancassa organizzata dai media.
Al Comune e al suo Sindaco Pisapia spetta ora il compito di sostenere il nuovo Sovrintendente, far brillare il gioiello più prezioso della città e tramandarlo alle generazioni future, non solo per gli amanti della musica, ma per i milanesi, per l’ Italia che sa che solo nei teatri d’ opera si sente la sua lingua, per l’ umanità tutta che ha nella musica della Scala un patrimonio immateriale ma ineguagliabile.