Anamorfosi“Una stanza tutta per sè”

Una stanza non è necessariamente un luogo fisico, perché può anche trattarsi di uno spazio della mente lasciato vuoto per sé, per il piacere di una lettura, di un’amicizia, per un interesse partico...

Una stanza non è necessariamente un luogo fisico, perché può anche trattarsi di uno spazio della mente lasciato vuoto per sé, per il piacere di una lettura, di un’amicizia, per un interesse particolare.

Ma la donna tende ad annichilirsi, fino a pagare un prezzo carissimo per quel bisogno di unicità scambiato per amore, ad esempio di un uomo anti-felicità. Il dare, allora, diventa senza limite, diventa dare tutto: al partner, ai figli, al lavoro, per sentire di essere adeguate.

La donna, e una per una in modo diverso, vive il dramma del non sentirsi mai abbastanza. Il confronto con l’altra donna è costante, l’altra è sempre quella che sa come tenersi un uomo, come si fa bene all’amore, come si piace a tutti. Il proprio corpo non va mai bene, c’è sempre qualcosa che non è a posto, che manca, e anche per questo le donne pagano, ad esempio le migliaia di euro che investono nella chirurgia estetica quando non necessaria e che a volte può costare la vita.

Eppure la via d’uscita non è quella dell’adesione ad un ideale, che in quanto tale resta irraggiungibile. Si tratta piuttosto dell’imparare ad amare la propria differenza, smettendo di saturare ogni spazio con il “dover essere”.

È in questo vuoto che abita l’amore, quando la donna resta sempre un po’ “altra” per il proprio uomo, o per i propri figli. E ciò è possibile solo se lei, di tanto in tanto, si concede del tempo in una stanza che sia tutta per sé.

Nella foto: Frantisek Tavik Simon (1912), “Vilma reading on a Sofa”

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