Sono caduta anche io nella trappola della politica. Cerco di usare questo blog per parlare di altro, perchè Israele non è solo conflitto, ma non posso non spendere due parole sui negoziati di pace che sono appena ripresi a Washington.
Durante la mia Laurea Specialistica qui in Israele ho avuto l’onore e il piacere di avere tra i miei insegnanti due ex negoziatori e quindi, nel mio piccolo, ho potuto apprendere dai diretti interessati quali sono le problematiche della negoziazione tra Israeliani e Palestinesi e credo che con tutta probabilità anche stavolta, nonostante la buona volontà di Kerry, non si andrà da nessuna parte. Vi dò almeno 4 buoni motivi.
1. Questi negoziati di pace hanno avuto come precondizione la liberazione di 100 detenuti (leggi terroristi) palestinesi. Rileggete questa frase: non vi sembra un ossimoro? Terroristi in cambio di pace. Se il buongiorno si vede dal mattino…
2. L’America. Nella storia dei negoziati israelo-palestinesi, ogni volta che l’America si è messa di mezzo si sono fatti passi indietro più che in avanti. Gli Stati Uniti in questa storia non riescono ad agire da mediatori neutrali, ma diventano una terza parte della negoziazione, con propri interessi. In una negoziazione trilaterale la terza parte tende a premere per una soluzione di mezzo, equa, ma che solitamente non soddisfa le parti, che attribuiscono valori differenti a questioni diverse (ad esempio la questione dei profughi è più simbolica, mentre la sicurezza è sostanziale). Oltre a ciò, sebbene gli USA siano gli alleati numero 1 di Israele, non è detto che lo Stato Ebraico voglia rendere pubbliche le sue intenzioni soprattutto in tema di sicurezza. Il rischio leak è sempre in agguato e gli USA potrebbero utilizzare queste informazioni a proprio vantaggio.
3. La frammentazione palestinese. Nei precedenti negoziati i palestinesi non si sono presentati compatti, ma ciascuna fazione con un proprio negoziatore. Negoziando solo con Fatah si rischia che l’eventuale accordo non venga accettato dai seguaci delle altre fazioni. Per non parlare di Hamas ovviamente, che continua a lanciare razzi, l’utlimo ieri mattina.
4. I precedenti. Cosa ci fa credere che questa volta le cose saranno diverse? Nel 2000 a Camp David Ehud Barak ha offerto a Yasser Arafat ben il 92% della Cisgiordania con ulteriori compensazioni territoriali, Gerusalemme Est capitale dello Stato Palestinese con amministrazione dei luoghi sacri musulmani e cristiani e ritorno di 100.000 rifugiati più risarcimenti per un valore di 30 miliardi di dollari. Arafat se ne andò senza nemmeno degnarsi di declinare l’offerta. Disse poi che il popolo palestinese non l’avrebbe accettato, che l’avrebbero ucciso. Cosa ci fa credere che Abbas accetterà un’offerta di pace che con il governo Netanyahu non sarebbe più generosa come quello del laburista Barak?
Personalmente credo che con l’attuale leadership, sia israeliana che palestinese, non si arriverà a nessun accordo. Entrambe sono troppo piene di ideologia e le rispettive società traumatizzate l’una dal fresco ricordo degli attacchi terroristici e da un’impostazione militare della vita, l’altra assuefatta da una propaganda dell’odio (mai sentito parlare del Mickey Mouse palestinese?). Ed è un peccato, perchè nel quotidiano musulmani ed ebrei vengono curati negli stessi ospedali, frequentano le stesse scuole, lavorano negli stessi uffici. In questi microcosmi la pace non è un sogno, è un dato di fatto. Andatelo a spiegare ai politici.