Tutti i partecipanti al Tour de France del 1998 erano dopati. Almeno per quel che risulta dalle analisi che si possono ancora effettuare oggi sui campioni di urina che erano stati raccolti all’epoca tappa dopo tappa, e che sono conservati da allora nel laboratorio di Châtenay-Malabry. La sostanza che è stata ricercata è stata l’Epo, cioè l’eritropoietina sintetica che di suo è un farmaco per curare l’anemia, ma che se assunto da ciclisti allenati consente loro di avere prestazioni atletiche sensazionali.
La vicenda è stata raccontata in diversi modi in questi giorni, per esempio dalla Gazzetta dello Sport di ieri 1° luglio, e ha dei contorni al di là dell’inquietante: c’è spazio per pensare a connivenze tra il sistema dei controlli, pagati ma non resi pubblici, e l’intero sistema della mancata punizione dei colpevoli, almeno finché il loro nome non venisse reso pubblico sui giornali.
La vicenda trae origine da un’inchiesta sulla lotta al doping promossa nel marzo di quest’anno dal Senato francese. Per raccogliere i dati scientifici la Commissione senatoriale preposta si è rivolta all’Afld, l’Agenzia nazionale francese per la lotta al doping, che ha tra i propri strumenti il laboratorio di analisi cliniche di Châtenay-Malabry. L’Afld ha scoperto che in quel laboratorio erano conservate, tra le altre, 60 provette di urine raccolte nel corso del Tour 1998, che erano state analizzate nei giorni della corsa senza trovare tracce di Epo o altri prodotti dopanti.
Nel 2004, però, quelle stesse provette erano state rianalizzate alla luce di nuovi test messi a punto nel 2000. Sembrava nulla più che un ricontrollo di scrupolo… ma i risultati erano stati allarmantissimi: sulle 44 provette controllate effettivamente (per 16 la rianalisi non era stata possibile) tutte contenevano Epo. Tutte, il 100%.
A gestire i controlli, a quell’epoca, non era la Afld, creata con una legge del 2006 (qui la spiegazione, sul sito web dell’Agenzia) bensì la Cpld, un’organizzazione che aveva meno poteri d’intervento. I suoi dirigenti decisero, per cause che si sta tentando di scoprire, che non era il caso di rendere pubblici i risultati.
Senso di impotenza? Opportunità politica? Connivenze con i produttori dei farmaci dopanti?
Non è dato saperlo.
Sta di fatto la vicenda rimase coperta.
Eppure quel Tour 1998 sembrava essere stato quello della «misura colma», ovvero dell’inizio della lotta serissima, più seria di quanto mai visto in precedenza, al fenomeno del doping. L’evento scatenante avvenne il 9 luglio 1998 (lo racconta qui la Wikipedia) ovvero 2 giorni prima della partenza della corsa. La polizia di frontiera francese perquisì un’automobile di servizio della Festina, una delle 21 squadre iscritte, e trovò quantità gigantesche di prodotti dopanti. La Festina si ritirò, e qualche giorno dopo fu seguita da alte 6 squadre. Su 189 corridori iscritti, all’ultima tappa di Parigi ne arrivarono 96.
Il vincitore finale fu Marco Pantani, quell’anno già vincitore del Giro d’Italia.
Erano dopati anche quei 96 giunti al traguardo? Non si sa. Il Senato francese sta indagando. Gli appassionati del ciclismo, del ciclismo pulito, attendono pure loro di sapere.