Due notizie hanno colpito la mia attenzione ieri, leggendo il giornale. Da un lato la storia infinita di Berlusconi, della sua condanna nel processo Mediaset, della grazia. Dall’altro la storia terribile di un bambino di 12 anni investito e ucciso da un’auto impazzita, con al volante un uomo a cui era stata ritirata la patente.
Due fatti sconnessi, separati. Due Italie che ormai non sembrano parlarsi più. Quella delle cronache quotidiane e quella delle elucubrazioni mentali, quella di chi perde – un affetto, un lavoro – e quella di chi vince sempre.
Eppure nella mia mente queste due storie si parlano.
Come faccio a insegnare a mio figlio, a volte mi chiedo, il rispetto degli altri e delle regole del vivere comune quando giornali e telegiornali sono da settimane impantanati nel dibattito sterile su come annullare una condanna conclusa col terzo grado di giudizio? Come posso chiedergli di accettare quello che non gli piace, fare un passo indietro quando avrà sbagliato se crescerà in un Paese dove la legge non solo non è uguale per tutti: semplicemente non è, e basta?
Il mio timore è che l’assoluzione morale di Berlusconi, con la grazia o qualsiasi altro escamotage giudiziario che annulli le conseguenze della sentenza, finirà col fagocitare l’ultimo briciolo di civiltà che nutriva questo ormai sfinito Paese. La sua non decadenza si tradurrà nel decadimento della nostra Nazione?
Sarebbe l’anarchia. La vita andrebbe avanti a gomitate. Non esisterebbero più le regole, perché nessuno vorrebbe sentirsi così stupido da rispettarle. Nemmeno un giovane automobilista alla guida di un suv, a cui era stata ritirata la patente perché ubriaco al volante: sono in Italia, si sarà detto, perché dovrei rinunciare alla macchina solo perché sono senza patente, quando chi mi governa fa ben altro?
Questa Italia sfiancata, inaridita e incatenata ai suoi stessi vizi ormai diventati una prigione Matteo non la vedrà. La sua vita è finita sui banchi di un piccolo negozio di frutta e verdura, tra i profumi del basilico e delle pesche di fine estate. Quell’automobilista impunito e irriverente gli è piombato addosso con tutto il peso che una civiltà senza regole si porta appresso.
Ha schiacciato lui, ma in parte ha schiacciato anche noi. Che non avremmo saputo spiegargli perché un uomo che doveva essere punito per aver sbagliato è stato lasciato libero di sbagliare ancora.