MarginiDire la verità e farfalle

  Si assiste a una vera proliferazione  del richiamo al parlar franco, al dire la verità, alla parresia. Almeno a parole. Letta al Meeting di Rimini, Grillo sul suo Blog, Berlusconi che pare stia p...

Si assiste a una vera proliferazione del richiamo al parlar franco, al dire la verità, alla parresia. Almeno a parole. Letta al Meeting di Rimini, Grillo sul suo Blog, Berlusconi che pare stia preparando un discorso à la Craxi, per rimanere solo sul piano politico. Sul nesso verità-politica sono stati scritti quintali di libri, a partire da Arendt. Ma le cose migliori, più succose e fondate – probabilmente – sono state dette da Michel Foucault, negli ultimi anni della sua vita. Memorabili gli ultimi due seminari al Collège de France tra l’82 e l’84. Quello che mi pare che non venga sufficientemente notato, appunto, è lo spessore eversivo di questa pratica non solo rispetto a quelle correnti nel mondo politico, ma innanzitutto alla sfera personale: dire la verità a se stessi, di fonte a se stessi è la “cura di sé” , sia nel senso pragmatico, sia soprattutto terapeutico. Confessare i propri desideri, le proprie frustrazioni, i propri limiti, trovare in se la forza di esistere al cospetto degli eventi della vita, delle sue problematiche, della sua complessità, e del suo apparente non senso – questa è la forza della parresia. Implica la presa in carico della finitudine e l’abbandono definitivo di qualunque schermo protettivo. Ora mi pare che questo livello del discorso di verità sia del tutto assente dalla consapevolezza di chi vi si appella nel contesto pubblico. E sia osteggiato con le stesse “resistenze” (e pour cause!) che nei primi anni dello scorso secolo si mossero contro il freudismo. Basti pensare , in campo accademico, alla selva di critiche, sberleffi e ridicolizzazioni che sono piovuti su quella stupenda testimonianza di terapeutica esistentiva praticata da Michela Marzano in Volevo essere una farfalla. Il coraggio del “fare-verità” comporta probabilmente questo levarsi di un contromovimento di resistenza, tanto più negato quanto più – come sempre accade – non visto. Al di là della mia stima personale per Michela, bisognerà tornare su quel libro, e riconoscerlo nel suo spessore di testimonianza, di opera filosofica.

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