Puntuale come le ondate di caldo, è ripartita la guerra dell’ Agenzia delle Entrate al lusso. I suoi capi cercano visibilità e sperano di ricavare consenso tra il popolo bue o di fingere efficacia, il risultato purtroppo non sarà nullo, ma pesantemente negativo.
Siamo passati dalla libera ostentazione di denari guadagnati in modo poco limpido e mai passati attraverso il prelievo fiscale alla repressione del ricco che non vuole nascondersi. Si dirà che in tempi di crisi la ggènte ha il diritto di veder accontentato il proprio desiderio di rivalsa verso chi non deve fare sacrifici, ma questo atteggiamento lede la libertà individuale di fare quello che si vuole con i propri soldi, dopo aver pagato le tasse e soprattutto tende a far dimenticare alla ggènte che, in una società capitalista, esisterano sempre i ricchi. Peraltro esistevano anche in quella comunista, ben ricordo le cameriere che portavano imponenti cani a fare i loro bisognini, nella Praga prima della caduta del Muro o le Volvo della nomenklatura fra le vie del quartiere riservato di Berlino Est chiamato scherzosamente “Volvograd”.
Il massimo pauperista politico italiano ha una storia di denunce dei redditi consistenti, ville al mare notevoli, viene paparazzato nella Sardegna chic, ma proclama la necessità di pubbliche virtù che privatamente non ha.
La sterile polemica contro la remunerazione dei politici, come se il problema fosse quello che guadagnano e non quello che molti prendono in mazzette, accontenta il popolino più bue, ma non risolve la questione: sono troppi, troppo pagati in assoluto, ma soprattutto troppo pagati per i risultati che producono. L’ unico campo in cui la retorica pauperistica non attecchisce è il calcio, dove nessun pauperista rinuncerebbe al proprio idolo strapagato per non rischiare cattivi risultati.
Va ristabilito il principio che le tasse vanno pagate, dopodiché si deve essere liberi di fare quello che si vuole con i propri soldi, senza che l’ Agenzia delle Entrate intervenga con l’ esplicito scopo di guastare le feste. I ricchi vivono meglio di noi? Se non ci piace proviamo con il comunismo.
Le stesse leggi sono state recentemente adattate da politici ipocriti per soddisfare gli istinti più bovini della massa e il risultato è stata la crisi di interi settori, con perdita di posti di lavoro e persino di entrate fiscali. Mi secca citare Briatore, ma quando lamenta che la Sardegna ha perso gran parte del turismo ricco dobbiamo pensare che loro, i ricchi, hanno semplicemente spostato barche e casse di champagne in Corsica, dove pagheranno un euro di tasse alla Francia, anziché all’ Italia, per ogni litro di carburante che acquistano per le proprie assetate imbarcazioni.
L’ Italia poi è il Paese che più di tutti può perdere dalla lotta al lusso, perché è, insieme alla Francia che lentamente si accaparra le nostre migliori marche, il Paese che nel mondo dal lusso guadagna. È anche l’ unico settore che tira e ha brillanti prospettive.
Qualcuno si illude che potremo continuare a produrre ed esportare Ferrari all’ estero, anche se nessuno compra più Ferrari in Italia. Idem per Bulgari o Gucci di proprietà francese e per qualsiasi altro nome del lusso che vi venga in mente, quel Made in Italy che è indispensabile anche al benessere degli Italiani meno abbienti, per i posti di lavoro che genera direttamente o nell’ indotto, per le tasse che paga, sparirà se perderà il suo radicamento locale, i suoi clienti locali. Sarebbe ora di capire quanto la virtuale scomparsa dell’ Alfa Romeo sia legata alla tassa che puniva le auto sopra i 2000 cc di cilindrata, che ne ha lasciato il monopolio alle marche tedesche. Qualcuno ricorda lo svarione del povero Ugo La Malfa, che ritardò la TV a colori in Italia fino a far scomparire i produttori nostrani, per poi fatalmente assegnare tutte le vendite agli esteri?
L’ Agenzia delle Entrate smetta di ostentare la propria esistenza in vita e trovi un modo meno nocivo di operare. Quanto agli Italiani, invece di gongolare nell’ invidia, cerchiamo di darci da fare, non è tutto vendibile lusso perfetto quello che produciamo, molto lascia a desiderare. FIAT per fortuna non è più Fix It Again Tony, Alitalia non è più Always Late In Takeoff, Always Late In Arrival, ma mille e mille cose, a partire dai parcometri a monetine della Costa Smeralda, non sono all’ altezza.
Invece di infastidirci per i ricchi, anche se hanno pagato le tasse, tiriamoci anche su le maniche, troppe cose sono fatte all’ italiana, compresa la lotta all’ evasione fiscale.