Il Rock’n’roll dovrebbe essere il mezzo per distruggere qualsiasi inibizione psicologica, in particolare quelle basate sui miti politici e sulla repressione sessuale. Cui Jian.
Sono passati ventisette anni da quando Cui Jian con il sua lunga giacca trasandata, ha conquistato il pubblico cinese del Palazzetto dei lavoratori. Era il 1986, un tempo in cui i giovani aspettavano solo qualcuno che si impossessasse della loro frustrazione e del loro senso di impotenza. Qualcuno che sapesse, però, tramutare quei sentimenti in qualcosa di mai sentito, non in slogan politici, ma in musica. Nessun cinese, prima di allora, aveva mai udito una commistione di sonorità, ritmo e testi, come quelle che ha creato Cui Jian e il suo gruppo quel giorno. Il suo brano, Yi wu suo you (in inglese tradotto con Nothing to my name e in italiano con Senza avere nulla) è considerato un simbolo generazionale. E da quel momento in poi, Cui Jian, è stato assurto, dai più, a capostipite del rock in Cina.
Nasce il 2 agosto del 1961 a Pechino, da una famiglia della minoranza coreana. Figlio d’arte, si avvicina sin da subito alla musica: il padre è trombettista e la madre, nordcoreana, fa la ballerina in un gruppo di danza tradizionale. Nel 1975 comincia a studiare la tromba e dal 1981 al 1987 lavora per la Filarmonica di Pechino. Narra la leggenda che abbia comprato la sua prima chitarra a venti Rmb (tre euro), nel 1980. Nel 1984 fonda un gruppo pop con sei amici e esce il suo primo album: Langzigui, una raccolta di ballate melodiche.
E da lì in comincia il successo, suggellato dal Palazzetto dei lavoratori. Situato nel centro di Pechino, ha visto sorgere Cui Jian nel 1986 e lo ha visto risorgere nel 2000, quando è stato riabilitato e suonare a Pechino, dopo i tumultuosi anni post-89.
Un altro personaggio del rock contemporaneo cinese è legato a quello stadio: Xie Tianxiao. Già da tempo considerato il nuovo padrino del rock in Cina, si è definitivamente seduto sul trono, suonando anche lui nell’ambita venue il 30 marzo del 2013.
“I festival a cui ho partecipato sono di scala molto più grande di questo concerto, decine di migliaia di persone. Il fatto è che quello è il palazzetto dello sport. È quello il senso, è un emblema. Ci hanno suonato finora solo artisti stranieri, di Hong Kong, Taiwan, o Cui Jian”.
Xie Tianxiao, classe 1972, capelli lunghi, sguardo tra l’innocente e il distaccato, arriva dalle live house, e prima ancora, dalle sale prova arrangiate nelle periferie pechinesi. Ha cominciato la sua carriera andandosene, poco più che adolescente, da Zibo, una piccola cittadina nello Shandong a più di seicento chilometri da Pechino. Zaino in spalla, pochi soldi in tasca e un unico pensiero: arrivare a Pechino e fare musica.
Era la metà degli anni ’90: “Proprio in quel momento i media e i fan del rock [in Cina] avevano bisogno di una persona nuova che rappresentasse un’epoca. All’inizio non me lo sarei mai aspettato, c’era uno spazio in cui nessuno metteva piede e io sapevo dove volevo andare, volevo arrivare fino a qui”. Lao Xie, come lo chiamano i fan, nel 1997 fonda i Cold-blooded Animal (Lengxue dongwu), ed esce con l’album dall’omonimo nome, che vende 40mila copie. Forse anche 200mila, se contiamo anche quelle pirata. Un incredibile successo made in China.
I giovani cinesi, cantano a squarciagola le sue canzoni, pogano e alzano in alto le braccia e le mani con corna e pollice annesso. In questi anni il successo è cresciuto ancora, “grazie a fortuna e impegno”, ammette Xie Tianxiao. Grazie anche al delicato equilibrio tra l’essere una star e restare se stessi, Lao Xie sa far parlare di sé: ha spaccato una chitarra elettrica sul palco (poi pentendosi) alla Jimi Hendrix, ha inserito spesso il guzheng, strumento tradizionale cinese, nei suoi brani e, nel 2011, ha avuto alcuni problemi con la legge.
Così ha funzionato da catalizzatore per la disillusione delle nuove generazioni di cinesi. Meiyou fangxiang – non avere direzione – ritorna nei suoi testi come un refrain sgolato. L’industria musicale cinese lo ha tenuto sul palmo della mano. Da un rimpasto dei Cold-Blooded Aminal, l’etichetta discografica, ha deciso di puntare direttamente su di lui, Xie Tianxiao, o come si legge sulle copertine dei suoi ultimi dischi: XTX.
“Quello che mi interessa è l’umanità, di politica non so molto e non mi interessa più di tanto. Quello che mi affascina è la micro storia delle persone, compreso me stesso e quello che provo”.
Per la cronaca, i due padrini si guardano di sottecchi quando si incontrano. Tutti e due spesso indossano un cappello con la visiera, per non farsi riconoscere dai numerosi fan.