Buona fame!Concordia, ciò che non vediamo nella control room

Si chiamano Jorg, Ben, Tim, Inken, Tom e Jonathan e sono gli eroi del raddrizzamento della Concordia. Non erano soli nella control room, la stanza dei bottoni che ha governato l’operazione, ma era...

Si chiamano Jorg, Ben, Tim, Inken, Tom e Jonathan e sono gli eroi del raddrizzamento della Concordia. Non erano soli nella control room, la stanza dei bottoni che ha governato l’operazione, ma erano quasi la metà del gruppo formato da 13 persone. Solo che loro, tre belgi e tre tedeschi, hanno fra 26 e 28 anni, uno solo ne ha 31.

La cabina di regia del Giglio rappresenta plasticamente un paese, l’Italia, dove ai giovani non si affidano responsabilità, semplicemente perché non accedono neppure ai luoghi professionali dove questa si esercita: in azienda, quando riescono a entrare, i giovani sono buoni per ruoli e mansioni importanti quando ormai vedono i 50. E non è un caso, probabilmente, che gli italiani che erano a governare il raddrizzamento avessero fra i 50 e i 60 anni.

L’Italia ha smesso di essere un Paese per giovani ben prima della crisi finanziaria e poi del debito iniziata nel 2008.

Gli anni 2000 erano iniziati già sotto il segno dei laureati che faticavano a farsi assumere. Colpa del costo del lavoro certo, dell’articolo 18 forse, ma a Milano, oltre un decennio fa, fior di società con i bilanci piuttosto grassi preferivano riempire gli uffici di pensionati-consulenti che inserire qualche bravo laureato. E nelle aziende medio-piccole italiane, la maggioranza, una generazione di imprenditori, geniali self-made men, guardava con sospetto ai “dottorini”, “che dell’azienda non capivano un’acca”, senza curarsi di cosa avessero imparato e cosa avrebbero potuto portare nelle loro imprese nel medio e lungo termine.

Se nella control room non c’erano Riccardo, Francesca, Luca, Paolo, Giorgio e Marco, è anche per questo.

Commento apparso anche su Metro

Credit: la foto è stata scattata dall’utente Flickr, lwpkommunikacio

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