La critica fumettistica italiana è una specie di calamità. (E dico “italiana” perché di quella estera non so molto.)
Per esempio, la maggior parte di questi critici suppone di sapere valutare una sceneggiatura, senza capirne nemmeno natura e limiti. Svariati elementi presenti in una vignetta possono derivare, a seconda dei casi, sia dalle indicazioni presenti in sceneggiatura sia dal lavoro del disegnatore, oppure da una miscela delle cose. Come fate a capire, signori critici domenicali, di chi è stato, in che misura, un merito (o una colpa)? Avete forse potuto leggere la sceneggiatura? Per valutare il lavoro dello sceneggiatore in questione, per capire fin dove è arrivato, dovreste conoscerne la cifra stilistica, ricavando i minimi comuni denominatori da un’analisi di tutta la sua opera. Dovreste, sì.
Ma voi non sapete nemmeno che cosa sia una sceneggiatura, in che cosa consista nel fumetto. Pensate che sia tutta o quasi nei dialoghi (cosa che, oggi come oggi, è grossomodo vera per le sceneggiature del cinema e della televisione). Mentre i dialoghi sono quel poco che, di tutto quello che è digitato in una sceneggiatura di un fumetto, arriva testualmente sulla pagina. Ma tutto il resto non è meno importante, anzi. E sulla pagina ci arriva, eccome. Anche una vignetta “muta” è stata sceneggiata.
Bene. Ora dimenticate tutto quello che ho scritto. Cazzate. Non che non sia vero, ma semplicemente sottintende un recensire che è soltanto dare i voti, stabilire chi è stato più bravo. Stabilire chi. Vorrei qualcosa di più, invece, come autore e come lettore. Vorrei qualcos’altro. Vorrei un giudizio completo e complessivo, sull’opera nel suo insieme. Ma bisognerebbe, prima, sapere tutti quanti di che cosa si parla.
(Avevo un blog carino e gentile, una volta. Tutto in punta di forchetta. Ma, vedete, i tempi cambiano.)