Gli antichi Greci definivano barbari tutti coloro che parlavano una lingua diversa ed erano portatori di una cultura a loro estranea e sconosciuta. Per questo li temevano e se ne tenevano a debita distanza.
Nonostante da allora siano passati secoli e i confini del mondo che abitiamo siano totalmente cambiati, ci ritroviamo ancora a dover raccontare episodi di razzismo che lambiscono l’Italia tutta, da Nord a Sud, isole comprese.
Stavolta il poco edificante episodio è avvenuto a Landiona, paesino piemontese di seicento abitanti, in provincia di Novara, dove un gruppo di genitori ha ritirato i propri figli dalla scuola elementare del Paese perché in classe ci sarebbero stati più bambini rom che italiani. Per questa ragione alcuni genitori hanno spostato i loro figli nella scuola di Vicolungo, un paesino poco distante.
E pensare che qualche anno fa fu chiesto proprio ai genitori dei bambini rom di iscrivere i loro figli a Landiona, altrimenti la scuola avrebbe rischiato di chiudere.
Oggi la chiusura della scuola elementare di Landiona è un’eventualità che non puo’ più essere scongiurata e sarebbe un peccato per quei bambini – italiani e rom- imparare anzitempo sulla propria pelle il doloroso significato della parola razzismo.
Sarebbe una lezione di civiltà da parte di quei genitori italiani fare un passo indietro e dimostrare che la loro è stata solo una reazione a caldo, dettata dalla paura di ciò che non si conosce, o si crede di conoscere, attraverso l’immagine stereotipata veicolata da una cattiva politica che del razzismo ha fatto una bandiera.
Eppure, tra quei genitori di Landiona ci sarà di certo chi si sarà indignato di fronte alle becere accuse di razzismo rivolte al ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge e chi ha condiviso il pensiero di papa Francesco sull’accoglienza degli immigrati.
Adesso è il momento di poter dimostrare, con i fatti, a quei bambini rom- e non solo- che il razzismo degli italiani appartiene ad una sparuta minoranza e che, nonostante tutto, siamo ancora un Paese di ‘brava gente’.