Dal giorno della condanna definitiva per frode fiscale, il destino personale di Berlusconi è diventato la questione politica principale del Paese. Per ironia della sorte, le “toghe rosse” sono riuscite a coronare il sogno ventennale di condannarlo proprio nel momento in cui è alleato col PD in quello che è un Governo di opposizione al Movimento 5 Stelle.
Capita. Anche Roosevelt e Churchill si allearono con i comunisti russi, con Stalin, per fronteggiare Adolf Hitler, dimenticando l’ anticomunismo almeno fino alla resa giapponese. L’ antiberlusconismo per la sinistra in questo momento è un fardello sgradito, si cercherà in tutti i modi che la sentenza non abbia conseguenze. I quattro anni di galera sono già ridotti ad un termine ben più breve, il residuo così “scontato” verrebbe scontato agli arresti domiciliari nell’ angusta villa di Arcore, la decadenza dal Senato e il divieto di candidarsi ad eventuali nuove elezioni verranno probabilmente aggirati, annacquati, rimandati, di fatto sterilizzati.
Forse in cambio Berlusconi prometterà di ritirarsi dalla vita politica, come sarebbe logico dopo vent’ anni inconcludenti. L’ obiettivo tattico, di breve termine, del PD di mantenere Letta a Palazzo Chigi può però far perdere di vista quello strategico di fronteggiare, nel futuro una destra vera, normale, che sia un partito e non solo l’ apparato di sostegno del miliardario più megalomane d’ Europa, di avere un’ alternanza normale tra partiti normali che tagli l’ erba sotto ai piedi dell’ antipolitica.
Chiunque abbia trascorso all’ estero le vacanze può testimoniare che, dopo ben poco tempo, ogni interlocutore ha iniziato a chiedere di Silvio Berlusconi, talvolta con sdegno, ma qualche altra con pura curiosità per la bizzarria del personaggio e del nostro sistema politico, molto spesso con allusioni al bunga bunga, che ha colpito anche nel più sperduto villaggio del pianeta.
Berlusconi reclama “agibilità politica”, ma quello che vuole è poter restare in grado di difendere i propri interessi personali con un’ armata politica. L’ esclusione dal Parlamento sarebbe simbolica, Grillo e Casaleggio non ne fanno parte, ma essendo di fatto i proprietari del Movimento 5 Stelle, col potere di espellere critici e dissidenti, la mancanza di uno scranno a Montecitorio o a Palazzo Madama non scalfisce il loro potere. Lo stesso accadrebbe ad un Berlusconi fatto decadere.
Ragionando non in termini etici o di giustizia o anche solo politici, ma strategici, il salvataggio di Berlusconi non cambierebbe nella pratica i rapporti di forza fra le armate in campo e tuttavia la sinistra, consentendovi, commetterebbe una sciocchezza e si rassegnerebbe a mantenere una posizione d’ inferiorità inaccettabile.
Il potere di Silvio Berlusconi non si basa sulla ricchezza, né sulla pletora di mediocri cortigiani di cui ha riempito il PdL, i Sanlacché, ma sulla disponibilità che solo lui ha di accedere agli Italiani, nelle loro case, attraverso le reti televisive che possiede.
L’ espulsione di Berlusconi dal Senato sarebbe ininfluente, il suo ritiro dalla politica sarebbe senza conseguenze, se non fosse accompagnato dalla soluzione dell’ anomalia italiana per cui nessun altro può far sentire al Paese la propria voce come può Silvio Berlusconi. Vent’ anni sono già stati troppi perché si possa consentirgli, augurandogli al prossimo settantasettesimo compleanno di campare cent’ anni, altri ventitré anni in cui possa tenere il Paese in ostaggio e la destra ridotta ad un PdSB, Partito di Silvio Berlusconi.
C’ è da chiedersi se, giudicato privo dei requisiti morali per sedere in Senato fra trecento colleghi, Silvio Berlusconi conserverebbe l’ indispensabile onorabilità per essere l’ unico italiano, a parte il povero Urbano Cairo, a poter possedere una televisione e usarla per sostenere il proprio partito. Una soluzione seria sarebbe prevedere la smilitarizzazione della potenza televisiva berlusconiana, cioè la vendita ad estranei del pacchetto di controllo di Mediaset, ma come obiettivo minimo la sinistra e il Presidente della Repubblica Napolitano, ma con loro anche gli altri partiti come il Movimeno 5 Stelle, la Lega Nord e SEL, devono pretendere e ottenere il ripristino della pluralità dell’ informazione televisiva, premessa indispensabile al ritorno alla normalità della politica italiana.
È indispensabile il break up di Mediaset, con la vendita di Italia 1 e Retequattro ad altri. Sia nell’ interesse del Paese che per equità andrebbe accompagnato da una privatizzazione di due canali della RAI, in modo da avere un ventaglio di proprietari di televisioni, ciascuno con non più di un telegiornale a disposizione.
La Grande Riforma Televisiva è la prima priorità, unica che potrebbe cambiare strutturalmente il nostro sistema politico. La riforma elettorale, riforme costituzionali come il (semi)presidenzialismo ci lascerebbero invece ad un modo nuovo di cucinare lo stesso piatto, per i prossimi ventitré anni. Graziare Berlusconi in cambio di nulla sarebbe una follia.