Il Bastian ContrarioLa sfida di Pippo

Lo ammetto: non credevo di poter trovare la folla che ho trovato per Pippo Civati, alla Festa Democratica di Firenze, giorni fa. Svaniti improvvisamente i sistematici ritardi di 30/40 minuti degli...

Lo ammetto: non credevo di poter trovare la folla che ho trovato per Pippo Civati, alla Festa Democratica di Firenze, giorni fa. Svaniti improvvisamente i sistematici ritardi di 30/40 minuti degli appuntamenti serali, pur essendo arrivato con un solo quarto d’ora di ritardo rispetto alle 21, il palco centrale era strapieno. Vasta gamma di età e di provenienza sociale: il pubblico andava da giovani studenti universitari come il sottoscritto ad anziani di 80 anni, fino a Staino, una sorta di semidivinità, di padre confessore della festa, di saggio onnisciente preceduto dalla sua aura di santità che manco il Super Mega Direttore Galattico di Fantozzi, dalle cui labbra tutti sembrano pendere. Mah.

Quello che poteva essere un territorio ostile per il giovane “Pippo”, la città del principale sfidante alle (incombenti?) primarie, si è dimostrato essere, invece, un bagno di folla e di consenso. E a giudicare dall’aria che tira fra gli umori del “popolo di centrosinistra” fiorentino (chiamiamolo così), Civati potrebbe rivelarsi, se non proprio una sorpresa, qualcosa di più del candidato outsider.

Leader ideale di una sinistra coraggiosa, moderna sì ma ossequiosa delle tradizioni, candidato di rottura ma al tempo stesso di pacificazione dentro il partito, politico di dialogo e confronto ma non certo animale mediatico, Civati convince e non convince. Dai temi spesso e troppo a lungo ignorati dal centrosinistra all’attualità politica del Pd, Pippo cerca di porsi come il “Renzi di sinistra”, quello che sì, ce l’ha con il gruppo dirigente che si propone di mandare a zappare i campi, autore di 20 anni di disastri, ma che ha le idee altrettanto chiare sulle modalità con cui recuperare l’elettorato regalato in larga parte a Grillo e riavviare il Partito Democratico.

Civati parla a ruota libera, alternando temi concreti a stoccate a destra e manca, siano i dirigenti che portano avanti le larghe intese con il Pdl, sia Renzi stesso, l’ex alleato leopoldino. E in questo caso, gli applausi si fanno più forti. Già, perchè mentre Renzi cresce nei sondaggi di gradimento dei leader, che lo decretano “leader più amato” con il 50% dei consensi, secondo l’istituto Swg, l’ex rottamatore continua ad andare male nei sondaggi di gradimento dei sindaci italiani. E l’umore della platea sembra non solo confermare, ma se possibile rilanciare questa impressione: è da qualche tempo che, vuoi l’amministrazione cittadina (la pedonalizzazione del centro e gli imminenti Mondiali di Ciclismo che paralizzeranno nel vero senso della parola la città, in particolare, non sono ancora andati giù a molti), vuoi la lontananza da Palazzo Vecchio del primo cittadino, sempre più coinvolto nelle vicende nazionali, i fiorentini guardano a Renzi sempre più come un sindaco poco vicino ai problemi delle città e dei suoi abitanti. Così, bastano un paio di frecciatine, e l’ovazione è servita. Certo, non basta una platea per giungere a conclusioni troppo affrettate, ma se questa è la premessa, è lecito prevedere che quando, la settimana prossima, sarà la volta di Renzi sul palco centrale della Festa Democratica di Firenze, potrebbe non essere un semplice “giocare in casa” per il sindaco, ma un momento di potenziale difficoltà in cui i nodi potrebbero venire al pettine e il rancore dei cittadini emergere.

Fatto sta che Civati ha fatto il pieno, prendendosela un po’ con tutti e ottenendo grande risposta del pubblico. E sui temi, condivisibili o meno, Pippo c’è ed è credibile. Porta un visione di sinistra, fautrice di un riallacciamento con i sindacati (da preferire a Marchionne, pungendo ancora Renzi) e con Sel, con cui ricostruire una coalizione non meramente elettorale ma soprattutto politica. Ribadisce un’intransigenza netta sui temi della legalità, dalla sentenza in via definitiva di Berlusconi agli stessi scheletri nell’armadio del Pd (conflitto d’interessi, caso MPS, etc. etc.) e la necessità di ritrovare il collante culturale e politico di quei valori fondanti e imprescindibili, la cui assenza ha finito per dividere l’elettorato e frantumare il centrosinistra. Tutte questioni che riscuotono ondate di applausi, e che interrogano non poco sul ruolo di Civati dentro al Pd.

Perchè, ribadisco, sui temi, sulle “cose”, Pippo potrebbe rigirare il partito come un calzino. Incarna esattamente ciò che l’elettorato del centrosinistra ha aspettato per anni da un gruppo dirigente che ha fatto di tutto per deluderlo, costringendolo ad ingoiare rospi su rospi (di cui l’ennesimo governo di larghe intese è solo l’ultimo), e lo incarna tanto più quando si oppone agli stessi dirigenti, D’Alema su tutti, contro cui v’è un dissapore generale. E siccome, come ha affermato in conclusione dell’intervento a Firenze, «è un equivoco pensare che tradizione e innovazione siano in contrapposizione», sono pronto a scommettere che farebbe il botto dentro al Pd, con questa capacità di mettere d’accordo abbastanza omogeneamente la base: i più giovani perchè giovane ma non solo, ma anche i più anziani, perchè davvero convince con quel “qualcosa di sinistra” slogan elettorale di Bersani, di cui ancora oggi scontiamo gli effetti.

Riesce molto bene nella teoria, ma non nella pratica. Perchè, come dicevo prima, Civati, in misura complementare a Renzi, non dispone di capitale mediatico. E’ forte nel dialogo, nel confronto, nel porsi come la persona di buon senso che, senza fronzoli né abbellimenti, cerca di proporre le sue idee senza offendere o prendersela con nessuno, come è giusto che sia e come dovrebbe essere. Ma questo sarebbe realistico se il nostro sistema politico non fosse pervaso dal sistema mediatico. Piaccia o non piaccia, viviamo in un sistema in cui al potere vi sono i media: nessuno ti obbliga ad adattarti alla logica di media, ma devi farci i conti se vuoi che le tue idee abbiano possibilità di successo in politica. La politica non è fatta per puri, per quelli che non scendono mai a compromessi: se vuoi fare il puro, accontentati di ricoprire un ruolo marginale, come Civati sta facendo. E’ piena la storia di partiti che pur di rivendicare la purezza e l’integrità della loro etica, dei loro principi e della loro azione, si sono accontentati di percentuali di consenso da prefisso telefonico. Il successo in politica si misura sui voti che ottieni, e a costo di scalfire le tue convinzioni, per fare questo devi adattarti alle regole del gioco, che oggi sono dettate dai media.

Sotto questo profilo, purtroppo per lui, Civati è poco più che niente. Rispetto a Renzi non ne parliamo. E’ un aspetto che speravo curasse, o almeno anche in questo senso poteva leggersi la precoce candidatura alle primarie ben otto mesi fa. Avrebbe potuto cominciare a diradare il blackout mediatico che l’ha reso per mesi anonimo ai più, avrebbe potuto cominciare ad occuparsi anche di marketing politico e del come sapersi vendere. E invece niente: all’eccezione di qualche comparsata in tv, rinvigorita da una presenza un po’ più assidua a In Onda estate (si ricordi la puntata del bisticcio con la Biancofore, il cui video ha fatto il giro del web), il nome di Civati si era sentito in giro ma in pochi potevano dire di conoscerlo davvero, tanto che quando oggi alle feste del Pd parla e riscuote il successo che riscuote, la gente si domanda spaesata come sia possibile che queste posizioni siano portate avanti da un outsider.

Anche a me piacerebbe che fosse sufficiente volere che il modo di fare politica cambiasse affinchè i contenuti prevalessero sulla forma, ma non è realisticamente possibile. E se davanti a te hai un avversario come Renzi, le strade per il tue successo saranno condannate a svanire nella convinzione che la politica debba tornare a discutere e a confrontarsi sui temi e non a essere materiale da show. Perchè oggi, purtroppo o per fortuna, tira più un “endorsement” di Jovanotti che 10 ovazioni in 10 diverse Feste Democratiche.

Finchè non si capirà che la sostanza è complementare alla forma, chiunque voglia battere Renzi farà la fine di Bersani. Con cui, fra l’altro, Civati presenta diverse analogie: stesso tono flemmatico, quasi sottomesso, lento, propositivo ma mai sorridente, incapace di fare una dichiarazione che possa incidere a livello mediatico e che, di conseguenza, possa arrivare al cuore delle persone, e non solo alla platea della festa locale del Pd.

Ciò che mancava a Bersani, manca a Pippo: la tempra da leader. Renzi – sarà forse causa di dispiacere per qualcuno – a differenza loro, ce l’ha eccome. Ce l’aveva allora quando fu battuto alle primarie, e ce l’ha ora, più rinvogorito che mai nella convinzione (pericolosa) che le primarie gli siano a portata di mano.

Civati pensa forse di battere Renzi sulla sostanza, ma Renzi sarà troppo furbo per non batterlo sulla forma. Bersani ci ha già sbattuto il muso, Civati – che quanto a cifra e spessore politico, è ben più avanti dell’ex segretario -, speriamo che lo comprenda per tempo e agisca di conseguenza.

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