Per il momento la sensazione che prevale quando si osserva lo spettacolo offerto dalla vita politica in Italia sta tutta in due parole: déjà vu. Che cosa non si è già visto? La cassetta di Berlusconi… l’insistenza sull’Imu… i litigi nel Pd… e soprattutto la generale inconcludenza. Adesso colui che doveva cambiare tutto si è pure affezionato al porecellum… Dice che lo cambierà dopo aver vinto le elezioni… e tanto non le vince. Così ci teniamo e lui, il Grillo sentenziante, e il porcellum. Allegria! Al peggio non c’è mai fine… lo dovevamo sapere, o sospettare. Che sconforto!
E dire che non mancherebbero le cose da fare, anche al di fuori degli schemi ideologici. La semplificazione amministrativa. Un inquadramento normativo meno pesante con una giustizia che agisce in tempi normali. Uno Stato che paga i suoi creditori. Una politica meno costosa non solo al vertice, ma anche nel sottobosco delle cosulenze, dei gabinetti ministeriali e degli appalti senza concorso.
A che serve dire o ricordare ciò che tutti sanno? Serve, perché se mai riusciremo a voltare pagina, da qui dovremo passare, con o senza Renzi o Letta o Berlusconi o i loro successori. Intanto c’è qualcosa che potrebbe cambiare subito: il modo di raccontare la politica. Siamo arrivati finalmente al declino dei talk show. Se un giornale poco importa se su carta o in formato televisivo cominciasse a ignorare o relegare in secondo piano il gioco delle dichiarazioni che rispondono alle dichiarazioni e si mettesse invece a ragionare sui risultati, a valutare le iniziative in base all’efficacia concreta, a interrogare i responsabili a colpi di cifre, o con richiami stringenti alla realtà, un grande passo avanti sarebbe stato compiuto. Per il bene di tutti, anche della politica.