La lotta dei No Tav non si ferma da anni: non un minuto di pausa, non un ripensamento. Chi si è scagliato contro la creazione del tunnel che collegherà l’Italia alla Francia, grazie alla linea ferroviaria ad alta velocità, non conosce cosa sia la pausa. Negli ultimi tempi le cronache non si erano occupate di ciò che accade nella Val di Susa, ma da qualche giorno la Tav è ritornata ad essere al centro del dibattito pubblico.
I motivi sono vari: uno di questi è il punto di vista di Erri De Luca (“E’ giusto sabotare la Tav”); un altro sono gli atti intimidatori che i manifestanti continuano a perpetrare nei confronti degli operai, dei giornalisti, degli imprenditori e dei sindaci. Ovviamente le vittime hanno una sola colpa: quella di essersi schierati a favore dell’opera e – nel caso della giornalista – quella di voler fare informazione.
E quindi c’è da chiedersi se una protesta ha diritto da diventare illegale; c’è da chiedersi se è normale che una minoranza debba cercare di sabotare la nascita di un’opera strategica; c’è da chiedersi se è normale che si debba sottostare a dei veri e propri atti terroristici.
E’ della scorsa puntata di Virus, il programma di Nicola Porro, la testimonianza di un imprenditore, Ferdinando Lazzaro, che ha subito vari raid (l’ultimo dopo la sua comparsa su Rai2). Lo stesso ha deciso di trasferirsi all’estero, non potendo sopportare una situazione di questo genere.
Quindi non siamo di fronte ad un presidio di protesta pacifico e civile, che esprime democraticamente il suo punto di vista; ma siamo di fronte ad un manipolo di dissidenti che usa azioni terroristiche per cercare di fermare l’avanzamento dei lavori.
Fino a che punto una minoranza può bloccare un’intera nazione?
Le responsabilità degli atti dei No Tav non sono da attribuire ai soli manifestanti, ma anche ad una parte della classe politica che appoggia la lotta contro il tunnel e che non ha mai stigmatizzato in modo perentorio le modalità di protesta di alcuni. Partiti come Sel e M5S sono sempre stati al fianco dei No Tav. I grillini in particolar modo si sono sempre scagliati contro chi vuole l’opera e anche contro il procuratore Caselli, quando venivano ordinati gli arresti di alcuni attivisti.
La situazione in Val di Susa rischia di precipitare e si rischia di cadere in un vortice di violenza che troppo spesso il nostro Paese ha conosciuto.
Ecco perchè la politica non può lavarsene le mani, anzi deve assumere una posizione forte, per difendere i sindaci e gli imprenditori che sono a favore dell’opera e per difendere quei giornalisti che cercano di fare il loro lavoro.
Il primo passo è stato già fatto dal Quirinale – ormai unico baluardo di responsabilità istituzionale. Ora tocca al governo e soprattutto a quei partiti che appoggiano la protesta dei No Tav.