ResilienzeStati vegetativi, eutanasia per crisi economica?

Prima di morire, Vittorio Ventafridda, padre delle cure palliative in Italia mi rilasciò una intervista. Era scontroso Ventafridda. Mi volle subito tagliare le gambe con una frase: "In Italia succe...

Prima di morire, Vittorio Ventafridda, padre delle cure palliative in Italia mi rilasciò una intervista.

Era scontroso Ventafridda. Mi volle subito tagliare le gambe con una frase: “In Italia succederà come in Inghilterra. I malati moriranno perché non ci saranno piu’ posti letto in ospedale”.

Oggi credo che siamo andati anche oltre alla profezia di Ventafridda.

Mentre si sforbiciano a destra e a manca i posti letto, mentre non sappiamo nemmeno se il benedetto Patto per la salute si riuscirà a sigliare prima la caduta di questo governo – e sappiatelo son altri ticket per noi cittadini – un dato “sconcertante” salta ai miei occhi

L’Istituto Neurologico “Carlo Besta” ha presentato ieri e oggi a Milano nuovi dati sui percorsi di assistenza e sulle cure a pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza e sul carico assistenziale che grava sulle persone che se ne prendono cura.

La ricerca su 275 pazienti e 216 familiari mostra che nel 32% dei casi la situazione creatasi in famiglia per la presenza di un congiunto con disordine della coscienza è causa di grave difficoltà economica, ulteriormente aggravata dalla crisi, e che il 34% dei familiari è costretto a rinunciare al lavoro, in maniera temporanea o definitiva, per accudirlo.

Come dire: hai un malato fragilissimo in casa? (perché questi malati sono tremendamente fragili) sei destinato a diventare povero. Non lo assisti, cadi nel baratro con lui. E buonanotte al welfare.

Altro che “caso Englaro”. Altro che “eutanasie silenziose nelle rianimazioni” come dicono sbagliando i radicali ostinandosi a citare una ricerca dell’Istituto Mario Negri in cui si dice che nelle rianimazioni si “lasciano andare” i malati, l’intraducibile let them go.

Qui siamo alla tegola in testa della disperazione.

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