Ho passato un pomeriggio sul Grande Raccordo Anulare insieme al regista Leone d’Oro Gianfranco Rosi, che per la prima volta, dopo la vittoria a Venezia, tornava su luogo del delitto. Bella persona. In onda abbiamo giocato con le immagini di quello che ci scorreva davanti, producendo il primo film “radiotrasmesso” della storia radiofonica italiana: un piccolo primato di Caterpillar; un po’ scherzo, un po’ narrazione. Prima de Il Sacro Gra non avevo mai fatto caso, con attenzione, a tutto quello che ruota attorno al raccordo. Eppure, trasmettendo da un enorme campo di mentuccia romana, lo sguardo al tramonto sulla tangenziale (uscita Sant’Andrea), mentre greggi di pecore ti attraversano davanti dribblando enormi balle di fieno, la sensazione di straniamento vince su tutto. Per un momento smetti di pensare a quelle esistenze intrappolate nel traffico, come in una specie di destino ineluttabile, quotidiano. Pensi alla forma delle città, ai ritmi e alle storie, alla vita che scorre su quei settanta chilometri di cemento che circondano Roma e la sua grande bellezza. C’è salvezza: in fondo una città è molto più quello che nasconde, rispetto a quello che mostra.
26 Settembre 2013