Buona fame!Addio all’uomo che faceva tornare i cervelli

Negli Stati Uniti la filantropia fa forte il sistema universitario, grazie al meccanismo degli alumni, certo, ma anche per una cultura della donazione che ancora ci sogniamo e, non è poco, un sist...

Negli Stati Uniti la filantropia fa forte il sistema universitario, grazie al meccanismo degli alumni, certo, ma anche per una cultura della donazione che ancora ci sogniamo e, non è poco, un sistema fiscale che incoraggia questi interventi, mentre da noi gli incentivi sono davvero risibili. Conta, infine, una cultura del fundraising che, nei nostri atenei, è nei casi migliori ancora bambina.

Eppure fa capo all’Italia una storia che è diventato caso di scuola. E’ quella di Giovanni Auletta Armenise, scomparso a Roma il 25 ottobre scorso. Non un personaggio qualsiasi ma un ex-banchiere, visto che ha controllato per alcuni anni la Banca nazionale dell’agricoltura, poi ceduta.

Dal 1996 si era dedicato completamente al rientro dei cervelli e al sostegno della ricerca medica in Italia e negli Stati Uniti. Giovanni Auletta Armenise, barese, classe 1931, dopo essersi occupato da quando aveva 24 anni dell’azienda cosmetica di famiglia (cui apparteneva la licenza della Odol-Mouson), nel ’59 assunse la gestione della Leo Penicillina, la prima azienda italiana a produrre e distribuire penicillina. Impresa che cedette nel ’71 quando si concentrò sul settore finanziario, assumendo la guida della Banca nazionale dell’agricoltura, allora la maggiore banca privata italiana, che tenne fino al 1995.

Fu una vicenda personale che lo spinse a investire una parte consistente del suo patrimonio al sostegno della ricerca. Fu nel 1994, infatti, che Auletta portò la moglie, Dianora Bertacchini, malata di tumore al cervello, al Massachusetts General Hospital, affiliato alla Harvard University. La situazione della moglie era gravemente compromessa e la donna, infine, morì. Cominciò, però una stretta collaborazione fra Auletta e Daniel Tosteson, preside della Harvard Medical School. Ecco, così la nascita nel 1996 della fondazione Giovanni Armenise-Harvard (dal nome dello zio materno del conte, suo mentore) per il supporto alla ricerca medica di base sia ad Harvard, sia in Italia.

Dal 1996, la fondazione ha creato ad Harvard cattedre e centri di ricerca in biologia oncologica e strutturale, neuroscienze, patogenesi, fisiologia, genetica. Realizzando inoltre una rete di collaborazione fra questi centri e numerose istituzioni scientifiche italiane. E, ancora, la fondazione sostiene borse per giovani, simposi, scambi per giornalisti scientifici.

Uno dei campi in cui la Giovanni Armenise-Harvard è più attiva è quello del rientro dei cervelli. Dalla sua nascita, ha creato finora in Italia 18 laboratori di ricerca (22 i milioni di dollari investiti) sostenendo il Career Development Award, uno speciale premio a favore delle ricerche più promettenti in campo biologico nel nostro Paese: 200mila euro annui, per un periodo da tre a cinque anni, che servono per apparecchiature e stipendi dei ricercatori.

Fra gli ultimi rientrati grazie a questo programma, Vincenzo Costanzo, 39enne ricercatore di origini napoletane che ha lasciato Londra per venire all’Ifom di Milano e metter su un laboratorio dove studia i processi molecolari alla base della stabilità del Dna (e che quindi sono coinvolti nello sviluppo dei tumori); e Federico Forneris, 35enne cuneese che si occupa di scienze biomolecolari e che è tornato dall’Olanda per installare a Pavia un laboratorio dove si studiano i meccanismi di formazione delle sinapsi nervose.

grazie a @damianofedeli per la collaborazione

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