L’Italia in numeriChe fine hanno fatto gli elettori di centro?

Si discute molto in questi giorni di una possibile ricomposizione dell’area di centro, spesso ricordando la collocazione della Dc nella Prima Repubblica. Ma i tempi sono molto cambiati sia nello sc...

Si discute molto in questi giorni di una possibile ricomposizione dell’area di centro, spesso ricordando la collocazione della Dc nella Prima Repubblica. Ma i tempi sono molto cambiati sia nello scenario politico, sia nello stesso sistema elettorale. Ciò che è mutato maggiormente, tuttavia, è la cultura politica dei cittadini. Un tempo, il centro era un’area relativamente diffusa nelle preferenze e nelle autocollocazioni degli elettori. Oggi solo poco meno del 10% degli italiani si autodefinisce di centro tout court. Si tratta, per la precisione, del 9,6%. Un’area relativamente considerevole, ma al tempo stesso piccola.

La maggior parte degli elettori si definisce di centrosinistra (30,7%) o di centrodestra (22,3%). Ma una percentuale ancora maggiore è quella che rifiuta di collocarsi nello schema sinistra/destra, affermano di non essere né di destra, né di sinistra, né di centro. Costoro ammontano addirittura al 37,4% e costituiscono la maggioranza relativa degli italiani. Insomma, da un momento, nel secolo scorso, in cui ciascuno “sapeva” di essere di sinistra o di destra, si è passati ad una fase in cui queste categorie appaiono a molti obsolete o inadeguate.

Va da sé che ciò dà spazio a populismi (Grillo “pesca” specialmente in quest’area) e, più in generale, ad una necessità di comunicazione adeguata che prescinda dalle collocazioni tradizionali, per conquistare i voti di costoro. Sia Berlusconi, sia, più di recente, Renzi si sono esercitati in questo senso.

Insomma, il “centro” sembra esistere più come categoria valida nelle alchimie dei palazzi romani, ma appare al tempo stesso uno spazio piuttosto modesto dal punto di vista degli orientamenti elettorali.
Si estende invece l’area dell’estraneità alla dimensione sinistra/destra, il che fa supporre che posizioni avverse a questa dicotomia, come quella di Grillo, possano avere ancora notevoli possibilità in futuro 

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