Mekong WaveHanoi sull’asse Parigi-New York

Un anno fa sembrava dovesse essere messo in minoranza e lasciare l'incarico. Un anno dopo, il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung, in carica dal 2006, è ancora il capo del governo di una Repu...

Un anno fa sembrava dovesse essere messo in minoranza e lasciare l’incarico. Un anno dopo, il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung, in carica dal 2006, è ancora il capo del governo di una Repubblica Socialista che inizia ad imporsi sul piano regionale ed è pronta a giocare un ruolo più attivo anche in ambito internazionale. Indicazioni che arrivano a conclusione di un viaggio che ha visto l’ex ufficiale dell’esercito vietnamita impegnato sull’asse Parigi-New York. A sette mesi dal tour europeo del Segretario generale del partito comunista, Nguyen Phu Trong, e a due dalla visita del Presidente della Repubblica, Truong Tan Sang, negli Stati Uniti, Dung ribadisce con forza gli impegni presi dal suo Paese con l’obiettivo di dare corpo a relazioni che assumono un alto profilo politico e strategico, oltre che economico.

A Parigi, infatti, Dung, ricevuto dalla sua controparte, Jean-Marc Ayrault, ha siglato un accordo di partenariato strategico. Era il 1954 quando l’esercito francese venne battuto e umiliato a Dien Bien Phu in una battaglia che rimarrà per sempre negli annali. Negli ultimi sessant’anni i due Paesi si sono riavvicinati, fino a stabilire relazioni diplomatiche nel 1973. Ed è proprio a quarant’anni da quella firma che Parigi e Hanoi hanno deciso che il loro rapporto deve intraprendere un nuovo percorso.

Lasciata Parigi, Dung è volato a New York in occasione della 68esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA68). É da qui che il primo ministro vietnamita ha rimarcato i traguardi raggiunti dal suo Paese stabiliti con gli obiettivi del millennio. Soprattutto nell’eradicare la povertà in un Paese che vive una condizione di non belligeranza da poco più di trent’anni. Nel suo discorso, Dung ha ricordato che oltre un miliardo di persone vive ancora in condizione di povertà, in un contesto in cui “il gap tra ricchi e poveri si sta sempre più allargando”. Un gap di cui anche il Vietnam è testimone all’interno dei propri confini. Un rischio sottolineato anche dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (United Nations Development Programme – UNDP) in Vietnam, secondo cui alcuni fattori, tra cui una sempre più alta richiesta energetica, l’aspettativa della popolazione per una formazione che accompagni la fase di sviluppo, sta creando nuovi paradigmi e contraddizioni (Vietnamese PM outlines achievements at 68th UN General Assembly). Ineguaglianza sociale, soprattutto tra zone urbane e rurali, nonché un sistema di welfare debole e da riformare sono problemi che governo e partito devono poter risolvere per non annullare lo sforzo fatto in questi ultimi tre decenni.

Un discorso che Dung ha aperto sottolineando i progressi ottenuti negli ultimi cento anni dall’Umanità e le sfide che tale progresso comporta. Sfide e interrogativi che si traducono in “un’enorme responsabilità per tutti noi come comunità delle Nazioni”, ha affermato Dung, che ha poi sottolineato l’importanza di mantenere un clima di pace e fiducia. Nonostante il pericolo di conflitti sia sempre presente.

Medio Oriente, Nord Africa, Siria, penisola coreana, mar cinese meridionale. Conflitti attuali e potenziali. “Un singolo incidente o un equivoco possono scatenare un conflitto o anche una guerra” nel mar cinese dell’est o nel mar dell’est del Vietnam, internazionalmente riconosciuto come mar cinese meridionale. Il governo di Hanoi, che da sempre reclama la sovranità su due arcipelaghi–Spratly e Paracel—situati nel mar cinese meridionale e rivendicati anche da Cina, Filippine, Brunei, Malaysia e Taiwan, ha sempre indicato la necessità di una risoluzione pacifica sulle basi del diritto internazionale: la legge sui mari delle Nazioni Unite del 1982 e la dichiarazione di condotta delle parti siglata tra Cina e i dieci Paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del sudest asiatico) nel 2002. Un chiarissimo appello diretto a Beijing e una mano tesa a Washington. Soprattutto quando Dung, come sottolineato anche da Sang nel suo incontro con Obama, ha ricordato il riferimento di Ho Chi Minh–lo ‘Zio’ del popolo vietnamita—alla dichiarazione di indipendenza americana. “La Pace si può costruire e preservare quando tutti i Paesi rispettano l’indipendenza, la sovranità le tradizioni culturali di ognuno senza che venga imposto un sistema di valori dell’uno sull’altro”, ha quindi sottolineato Dung.

L’occasione dell’Assemblea Generale ha dato inoltre alla delegazione vietnamita la possibilità di aprire nuovi varchi nelle relazioni tra Washington e Hanoi. Il 27 settembre Dung ha incontrato alti rappresentanti di multinazionali come Metlife, IBM, Warburg Pincus, Coca-Cola e Ford. Le negoziazioni per la finalizzazione di una Partnership economica trans-pacifica (Trans-Pacific Partnership – TTP), stanno prendendo corpo e il Vietnam vuole recitare un ruolo da protagonista. La strada è ancora lunga, e per ora Hanoi vede in questo periodo negoziale l’occasione di uno scambio politico con orizzonti non solo economici. Il peso della Repubblica Popolare cinese, che grava sul piccolo Stato del sud est asiatico, già in passato schiacciato da dieci secoli di dominazione cinese, necessita di essere bilanciato.

Del resto, come era solito dire anche Ho Chi Minh, Francia e Stati Uniti prima o poi se ne andranno, mentre la Cina rimarrà sempre alle nostre porte. Il Vietnam ha vinto quelle guerre d’indipendenza, ma oggi un’altra sfida incombe. Garantire un’indipendenza economica attraverso relazioni e accordi con diversi Paesi e vedersi garantito un ruolo sempre più attivo soprattutto in ambito internazionale.

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