Sembra conclusa la tempesta mediatica scatenatasi sul centravanti della nazionale di calcio italiana, Mario Balotelli.
I giornali, la tv, le radio, il web, si sono guadagnati una caterva di visualizzazioni per via del commento dell’attaccante del Milan che si è dichiarato di non sentirsi simbolo dell’anticamorra.
Di certo c’è che ‘Super Mario’ ama far parlare di sé, peccando di protagonismo e cerca in ogni modo di attirare giornalisti, anche con un tweet così com’è accaduto in questa increspata vicenda che ha alzato un esagerato polverone.
E’ un media-bomber e si è autoetichettato da solo come bad-boy, come ragazzaccio, con la sua impulsività. E’ caduto ancora una volta nella trappola dei media che, crocifiggendolo in ogni prima pagina, sono bravi a sguazzare sul clamore puntualmente provocato dalla punta palermitana.
Forse, non gli è chiaro del peso che hanno le parole. Forse, non gli è chiaro che la ‘macchina del fango‘, che si ciba della cultura dello ‘stare contro a’, ormai troppo radicata nello Stivale, è sempre in agguato. Gli è chiaro, però, e questo è da riconoscerglielo positivamente, che non ci si può dichiarare simboli di una battaglia se si è semplici testimonial. Così come lo sono stati tutti gli ‘azzurri’.
Gli uomini del ct dell’Italia si sono travestiti da testimonial e i testimonial non servono nella lotta anticamorra. Non occorre fargli pubblicità e non occorrono tanti simboli.
Siamo più umili e intelligenti contro le mafie. Nessuno si senta escluso. Compresi i media, compresi i mammasantissima dell’anticamorra, compreso Balo.